spazi di relazione
Michele Liistro
Gli spazi di relazione
Piazza Archimede Caffé Centrale Via del Littorio
Il vero cuore pulsante di Ortigia negli anni 50 e 60 era costituito da Piazza Archimede e Via del Littorio.
L'invaso di Pzza Archimede non è di origine molto antica e deriva dalla demolizione, avvenuta nel 1872, di un complesso di edifici religiosi che occupava una sorta di isolato definito da quattro strade: via di S. Giacomo, via Amalfitania, vicolo S.Andrea e via Pasticciari. Gli edifici erano: la chiesa di S.Giacomo e di S.Andrea, il convento con giardino, le botteghe e i magazzini dei Padri Teatini, il convento di S.Antonio e un gruppo di abitazioni. La piazza fu completata nel 1879 ed evidenzia l'incontro di due assi principali del tessuto antico, ("crux viarum"), che attraversano l'insediamento lungo due direzioni ortogonali: quella Nord-Sud lungo l'attuale via Dione e via Roma, e quella Est-Ovest lungo l'attuale via Maestranza per via Amalfitania fino al mare. Questi due assi appartengono, sicuramente, all'antico impianto greco (fìg. 2.26).
La monumentalizzazione della piazza è avvenuta nel 1906 con la realizzazione della fontana di Artemide posta al centro dello spazio, opera dello sculture catanese Giulio Moschetti detto anche lo "scultore dei fanciulli", autore, anche, della bella Fontana di Proserpina in piazza Giovanni XXIII davanti la stazione di Catania.
Successivamente la piazza fu completata con una pavimentazione a disegno raffigurante una stella ad otto punte di cui si sono perse le tracce nei successivi interventi di trasformazione (fìg. 2.27).
Per gli intellettuali e gli studiosi di storia della città, Pzza Archimede è uno spazio che risulta definito da edifici di diversa epoca con diversi caratteri stilistici, trasformati, ristrutturati durante il secolo XIX e da nuovi edifici costruiti dopo l'Unita d'Italia che raccontano gran parte della storia di Ortigia dal medioevo ad oggi.
Per gli abitanti di Ortigia Pzza Archimede era ciò che non avevano mai avuto: il luogo di incontro; il cuore della città, quello che gli architetti chiamano spazio di relazione e aggregazione che i siracusani chiamavano "u spiazzu"