4-età Bronzo antico - Preistoria Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Preistoria Siracusa
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4-età Bronzo antico

tratto da:Servizio Museo Archeologico Regionale " Paolo Orsi"- Progetto Scuola-Museo
4- Insediamenti e territorio nell'antica et\'e0 del Bronzo negli Iblei meridionali documentazione pdf





Giovanni Di Stefano
DISTRIBUZIONE TERRITORIALE DEGLI INSEDIAMENTI "CASTELLUCCIANI" DEGLI IBLEI MERIDIONALI E RAPPORTI EXTRASICILIANI. ALCUNI ESEMPI.
Le ultime ricerche nei villaggi castellucciani dell'antico Bronzo (2200 - 1400 a.C.) dell'area iblea-ragusana ripropongono, con molta evidenza, il problema della distribuzione nel territorio dei siti del Bronzo antico siciliano (fig.1).




Nell'ambito dell'area iblea (fìg. 2)



ci pare di potere riconoscere alcuni poli di aggregazione: le aree montane (Monte Casale, Monte Casasia, Donna Scala, Paraspola, Aranci); le valli fluviali e le cave (Grotta Lazzaro, Cava Lazzaro, Baravitalla, Cava d'Ispica - Calicantone, Fortilitium d'Ispica, Caitina, Modica, Scicli - Grotta Maggiore, Maestro, Ragusa Ibla, Grotta S. Filippo, Monte Sallia, Monte Raci, Monte Tabuto, Castiglione, Paolina, Alcerito, Capitina, Nipitella, Poggio Biddine, Bidini Soprano, Cozzo Cicirello, Cozzo Campana). Altri insediamenti, infine, sono noti nel bacino costiero fra l'Ippari e Punta Secca (Camarina, Punta Zafaglione Berdia, Alcerito, Passo Marinaro, Cozzo Campisi, Piano Resti, Branco Piccolo, Branco Grande, Corridore Canalotti, S. Croce Camerina Forche). Si evince una certa varietà nella distribuzione dei villaggi nel territorio legata all'ambiente e, di conseguenza, alla funzione di ogni singolo insediamento in rapporto con il territorio. L'area costiera, a sud della foce dell'Ippari, è l'unica area della Sicilia in cui si registra la presenza di una vera e propria rete di villaggi costieri. Hanno favorito questo fenomeno ragioni di natura geografica, topografica, climatica ed idrografica. L'area medio-montana delle valli fluviali del Difillo, dell'Ippari, dell'Irminio, del Tellaro e delle cave del tavolato ibleo, costituisce un habitat privilegiato per i villaggi castellucciani. La campionatura a nostra disposizione indizia piccoli villaggi, posti a breve distanza l'uno dall'altro, impiantati sulle terrazze rocciose ai margini delle valli e delle cave. Le cave degli Iblei, dei veri e propri ecosistemi autosufficienti, in particolare, sembrano rappresentare dei micro-ambienti in cui la presenza delle acque stagionali e superficiali, della vegetazione sempre verde e di un clima mitigato, diverso dall'altopiano, hanno favorito l'integrazione fra attività agricole, di piccola pastorizia e venatorie.
Com'è noto per il polo medio-montano sono attestati veri e propri villaggi minerari come è stato accertato a Monte Racello, Sallia e Tabuto (fig.3).
Com'è noto per il polo medio-montano sono attestati veri e propri villaggi minerari come è stato accertato a Monte Racello, Sallia e Tabuto (fig.3).





Per l'area iblea gli insediamenti della cultura di Castelluccio sono caratterizzati da una certa adattabilità alle risorse dell'habitat. Per cui, ai siti costieri, forse di pescatori, si alternano i piccoli insediamenti dell'interno degli agricoltori-pastori-cacciatori e i villaggi minerari, alcuni dei quali fortificati o arroccati naturalmente.
Dalla distribuzione dei villaggi della cultura di Castelluccio negli Iblei meridionali, secondo le caratteristiche che abbiamo individuato, sembrerebbe che lo sfruttamento delle potenzialità dell'habitat abbia favorito, in alcuni casi, la specializzazione delle funzioni dei singoli siti e quindi il conseguente interscambio e la complementarietà delle economie. Può forse essere ipotizzabile, quindi, un vero e proprio sistema di relazioni funzionali fra i vari villaggi. In questo interscambio delle funzioni economiche dei singoli siti l'area circostante ai villaggi, il territorio, o più in generale, l'habitat, assumerebbe, per la prima volta nella preistoria siciliana, una funzione di area di sussistenza integrata.
Per la cultura siciliana di Castelluccio è stato posto il problema dei rapporti con le coeve civiltà maltesi, anche con forme di contatto diretto, come nel caso dello scalo marittimo dell'Ognina. Ovviamente, questa problematica non manca di interessare anche l'area territoriale degli iblei del versante ragusano. Alcune scoperte sia nell'ambito dei villaggi che delle aree funerarie ripropongono la suggestione di contatti e influenze fra Malta e l'estrema area della Sicilia meridionale. Si presentano alcuni esempi di villaggi e necropoli fra i più significativi per le problematiche della distribuzione nel territorio degli abitati e per i rapporti con l'arcipelago maltese.

POGGIO BIDDINE L'altopiano di Poggio Biddine (fig. 4)



domina con l'incombente piattaforma rocciosa l'intero corso del fiume Dirillo. Gli scavi hanno rimesso in luce sul pianoro i resti di un villaggio di capanne (fig. 5) che appaiono distribuite a gruppi attorno a spazi comuni, con piccoli forni.




Lungo il perimetro meridionale del pianoro sono stati pure individuati gli spazi destinati all'allevamento degli animali.
Delle capanne conosciamo una discreta campionatura: quelle di forma sub-circolare (x) con battuti pavimentali di terriccio, ghiaia ed argilla, delimitate lungo il perimetro da buche per pali; quelle di forma circolare ((3),





infossate rispetto al piano roccioso; quelle di forma ellittica (y, a, x) con battuti in spessa malta e con muretti perimetrali. Sono stati pure individuati all'interno delle capanne "y" e "a" i focolari. Nella capanna "a" il focolare è stato scoperto al centro dove sono pure apparsi i resti di due vere e proprie sepolture parziali secondarie, formate da due crani, privi delle mandibole inferiori, appartenenti a individui giovani di sesso femminile. Si tratta di una pratica funeraria e religiosa finora sconosciuta in Sicilia, forse legata alla divinizzazione degli antenati; rito ben noto nel mondo orientale e a Malta. Nell'area del villaggio si sono individuate altre interessanti strutture comuni: un forno a pianta ellittica con copertura a calotta, per la cottura dei cibi, una serie di fossette scavate nella roccia per la raccolta dei rifiuti e alcuni pozzetti per la raccolta dell'acqua, forse in un'area destinata all'allevamento del bestiame. Molto interessanti sono poi i dati ricavati dai resti di faune raccolte negli scarichi del villaggio. L'esame degli avanzi di pasto ha dimostrato la presenza del bue piccolo, della pecora, della capra, del maiale, del Cervus elaphus, del cane, del Vulpes vulpes, e del Felis sylvestri. La percentuale degli individui giovani è di circa il 16,39% sul contesto, fatto che indizia una economia agiata, che per l'alimentazione sacrifica capi giovani e che, di contro, pratica poco la caccia alla selvaggina, cioè al gatto selvatico, alla volpe e al cervo.
Queste percentuali indiziano una economia mista basata sull'allevamento stabilizzato del bue e del maiale, che non tollerano ampie transumanze, e sull'allevamento di pecore e capre, che si prestano, al contrario, ad ampie transumanze sia nel territorio circostante sia fino ai villaggi paralitoranei, alla ricerca di pascoli stagionali. Tra l'altro queste attività pastorali, si accordano anche con lo sfruttamento agricolo del territorio circostante.

CAVA D'ISPICA - BARAVITALLA (MODICA)
La Cava d'Ispica, nel sud-est degli Iblei (fig. 2), fra Modica e Ispica, è un vero e proprio canyon: una fenditura aperta nel tavolato calcareo ibleo lunga circa tredici chilometri, strettissima e molto profonda, nota già per la presenza di altri villaggi castellucciani. Alla testata nord della Cava è stato individuato in contrada Baravitalla (fig. 2), il più importante fra i siti recentemente scavati nelle cave iblee. L'abitato castellucciano occupa uno sperone che con alti bastioni rocciosi incombe sul greto della cava. I recenti scavi (fig. 6)


6 - Planimetria del villaggio di Baravitalla a Cava d'Ispica disegno Giacchi)




hanno accertato l'esistenza nell'area del villaggio di un lungo muraglione di difesa, costruito ad emplekton, con pietrame minuto e terriccio, con due paramenti disposti a speroni. Si tratta di un'opera di fortificazione di un tipo non infrequente in altri siti siciliani di questo periodo, ad esempio a Branco Grande, a Timpa Dieri, a Thapsos, e noti pure nel Mediterraneo, a Borg in Nadur, a Los Millares etc. Al di qua e al di là del muro sono apparse almeno tre capanne, circolari con muretti perimetrali e buche per i pali e con battuti pavimentali in argilla e calce costipata. Una capanna è caratterizzata da una nicchia, sostenuta da pali. Si tratta forse di una vera e propria presa d'aria per la cucina. Scarichi e avanzi di pasto, molto abbondanti, sono stati rinvenuti fra le capanne. E' nota pure la presenza nell'area del villaggio, fra le capanne, di due focolari, in uno dei quali è stato rinvenuto pure un osso a globuli (fig. 7),



nero, a base piana, con un foro di sospensione e tre globi circolari a rilievo e con i margini decorati ad incisione. Nelle capanne è stata recuperata abbondante ceramica d'uso comune. Il villaggio di Baravitalla è importantissimo per la tipologia dei villaggi fortificati e per le vicende socio-economiche che portarono alla esigenza della fortificazione dei siti.


PAOLINA (RAGUSA)
Una scoperta particolarmente significativa può considerarsi la documentazione di una singolare nuova area funeraria nella necropoli di contrada Paolina (Ragusa), nell'entroterra costiero camarinese (fig. 8).



Una parte della necropoli di contrada Paolina, globuli da Barawtaik con sep0iture a prospetti monumentali, che richiamano modelli maltesi, era già nota dal 1977. La nuova area funeraria che ricade più a monte delle tombe messe in luce precedentemente, è stata oggetto di ricerche da parte della Soprintendenza di Ragusa. Sono venute alla luce tre tombe realizzate con lastre litiche direttamente poggiate sul banco roccioso e messe in opera senza malta. Le sepolture si presentavano con pochissimo interro ed in parte manomesse da vecchi scavi di frodo. È stata aperta una lunga trincea di scavo, di m 13x4, dove è apparso, a monte, il bordo di una terrazza rocciosa cui erano addossate le tombe interamente costruite.
Tomba A di forma circolare, con il diametro di m. 1.65, realizzata con otto lastre di pietra (altezza variabile di m 0.40 - 0.55). All'interno del perimetro di ortostati, lungo la parete settentrionale, sono comparse otto calotte craniche. I residui di teschi (mancavano in tutti le maschere facciali) non erano in connessione anatomica. Pochissimi i resti di ossa lunghe rinvenute. Scarsi i frammenti di ceramica della cultura castellucciana.
Tomba B di forma quadrata, di m 1.70x1.70, realizzata con veri e propri ortostati solamente sui lati nord e sud (due lastre per ogni lato alte cm. 0.50 - 0.60) e con una muratura a secco più minuta lungo gli altri lati. La tomba B è funzionalmente e architettonicamente connessa con la sepoltura C da un corridoio largo m 0.80, pavimentato con lastre, compreso fra le due tombe, realizzato con quattro grandi ortostati, messi in opera due per ogni lato. Fra gli ortostati è intenzionalmente lasciato un varco di m 0.85 - 0.90, che doveva consentire l'accesso alle due camere funerarie (B e C). Nella tomba B non si sono rinvenute tracce di resti scheletrici. Tomba C di forma quadrata, di m 2.80 x 2.70, costruita interamente con lastre litiche, che in parte si addossano al bordo della terrazza rocciosa soprastante, sul lato Nord. L'accesso alla camera funeraria era aperto sul lato Est in corrispondenza del corridoio e ricavato fra le tombe B e C, in posizione simmetrica all'ingresso della tomba B. All'interno della camera, in prossimità della porta d'ingresso, erano concentrate circa cinque calotte craniche (fig. 9).

9 - Tomba "C" di contrada Paolina


Pressoché inesistenti sono i resti delle ossa lunghe. Pochissimi i frammenti di ceramica.
La tipologia delle nuove tombe della necropoli di contrada Paolina è completamente diversa rispetto alle sepolture in camere funerarie scavate interamente nella roccia, esclusive della cultura di Castelluccio. Com'è noto in alcune tombe della cultura di Castelluccio per determinate condizioni geologiche (area geloa ed etnea) sono stati eseguiti degli adattamenti strutturali al tipo canonico della grotticella artificiale. Altre tombe, invece, con dromos costruito sono da ritenere influenzate dalle allées couvertes. È invece probabile che le tre nuove tombe a camera costruite con ortostati della Paolina siano da associare ad un gruppo di sepolture di tipo "megalitico" o a "dolmen semplice" (Monte Racello, Polizzello, Cava dei Servi), la cui origine (Malta, Sardegna, Italia meridionale) e tutt'oggi di difficile determinazione. Nonostante lo stato delle sepolture, non perfettamente integro, è apparso molto probabile che la quantità dei crani deposti nelle tombe A e C sia dovuta ad una pratica intenzionale, forse in relazione ad un rituale o ad un frequente riutilizzo, che comportò il sacrificio delle ossa lunghe delle precedenti deposizioni e la conservazione dei soli crani. L'uso di un rituale che comportava il frazionamento dei resti scheletrici, forse in relazione al culto degli antenati, non è completamente inusuale nell'ambito della cultura di Castelluccio (Poggio Biddine, Muculufa, Ciavolaro). Certamente i dati relativi all'architettura fortificata e soprattutto a quella funeraria e ad alcuni rituali e pratiche religiose che abbiamo presentato possono avvalorare la suggestione di influenze mediate dalle culture maltesi al mondo castellucciano degli Iblei del versante ragusano. Molto meno probanti, invece, sono fino ad oggi tracce di scambi diretti.


Giovanni Di Stefano
Dirigente Responsabile Servigio Beni Archeologici Area Soprintendenza BB.CCAA. Ragusa


Bibliografia essenziale


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