trasformazioni religiose
Sebbene non vi siano certezze circa la trasformazione in chiesa del tempio di Apollo, Giuseppe Agnello ritiene che questo edificio sacro, subì la conversione cristiana in età bizantina quando la Chiesa di Santa Maria delle Grazie venne edificata in corrispondenza del pronao del tempio di Apollo (1864).
Secondo Brea «il riadattamento era stato ottenuto con la parziale occlusione dell'intercolumnio, utilizzando il materiale apprestato dalla rovina stessa del tempio ... il coronamento era dato da un semplice architrave monolitico ...il breve spazio fra gli stipiti e le colonne era ricolmato con muratura a pezzate». Ad oggi sono ancora riconoscibili fra le colonne del pronao «due monconi di stipiti che facevano parte dell'ingresso del tempio cristiano» . Nella trasformazione cristiana avvenuta in età bizantina il pavimento della chiesa ricavata nella cella tripartita del tempio venne rialzato con materiale proveniente dal medesimo tempio. Ciò perchè sin da quell'epoca il livello stradale a nord e ad oriente del tempio cominciò a subire modifiche. Fu verosimilmente nel VI secolo che venne aggiunto al crepidoma un ulteriore gradino. Paolo Orsi ritiene che all'età bizantina risalga anche la realizzazione di una vasca battesimale ottenuta da un profondo taglio rettangolare dei tre gradini inferiori dello stilobate. Alcuni studiosi identificano poi il basamento ancor oggi esistente nel versante occidentale del tempio, delle dimensioni di circa 9,00 mt. X 8,00, con i resti del campanile della chiesa bizantina, a differenza di altri che ritengono che detto basamento appartenga alla torre della limitrofa cinta muraria.
Con l'avvento degli arabi le colonne del peristilio e del pronao, non interessate dalla trasformazione bizantina, vennero tagliate alla quota del piano stradale, sopraelevato rispetto alla quota di calpestio della chiesa che, secondo la maggior parte degli studiosi, trasformarono in moschea.
iscrizione incisa in lingua Araba sulla parete interna del muro
L’erosione del supporto scrittorio, unito al cattivo stato di conservazione delle lettere hanno resocomplessa la lettura e l’interpretazione del testo, che in bibliografia è stato ignorato oppure attribuito ad altri monumenti. Infatti, stranamente non citata da M. Amari nell’opera su “Le epigrafi arabiche di Sicilia”, l’iscrizione poi è stata erroneamente attribuita al Castello Maniace da F. Gabrieli e da U. Scerrato144. Ancora, ricordata dagli antiquari locali come curiosità esotica o utilizzata da R. Koldewey e O. Puchstein per definire i piani di frequentazione dell’edificio attraverso i secoli, l’epigrafe è stata oggetto di un primo studio scientifico solo al tempo dello scavo sistematico dell’Apollónion, condotto da G. Cultrera fra il 1938 ed il 1943. Allora l’archeologo sottopose il testo all’attenzione di G. Levi della Vida che, nonostante la scarsa chiarezza dei grafemi, propose di riconoscere nella prima linea la sūra aprente del Corano al-Fatīha: bīsmi’llāh ar-Rahmān ar-Rahīm; mentre nella seconda il nome proprio “Muhāmmad”, in cui identificava l’autore del graffito. Accanto all’interpretazione data dal Della Vida, l’importanza religiosa 144 Per l’iscrizione araba si vedano: Bonanni 1614, p. 12; Koldewey, Puchstein 1899, p. 62; Cultrera 1951, col. 724,
nota 1; Agnello 1978-1979, pp. 222-223; Gabrieli 1979, p. 235, fig. 265. Per lo status quaestionis dell’epigrafia araba in Sicilia: Strika 1973, p. 25; Scerrato 1979, pp. 281-305; De Luca 1999, pp. 197-202.
mosaico Arabo
In età normanna la moschea fu nuovamente convertita in chiesa cristiana dedicata a San Salvatore, orientata secondo l'asse sud-nord.
Siracusa, tempio di Apollo. «Pianta di elevazione degli osservabili avanzi del tempio [...] con tutto il caseggiato soprastante» prima degli interventi di liberazione eseguiti da Francesco Saverio Cavallari. In neretto, le sette colonne del tempio scoperte prima del 1863 (da FERRARA M.L., Il culto delle ruine, Palermo 2009).
La chiesa, posta a quasi 2,00 mt. di altezza dall'originario basamento del tempio, doveva essere di ridotte dimensioni rispetto a quella di età bizantina e doveva avere l'abside sul lato settentrionale contrapposta al vano d'ingresso costituito dall'arco ogivale, ancor oggi visibile, praticato nel versante orientale del muro settentrionale della cella del tempio (fig. 2)
L'elemento architettonico della chiesa normanna siracusana, anche grazie alla sua ubicazione sopraelevata, quasi a sembrare una finestra, presenta delle analogie sia metriche che tipologiche, con il portale di ingresso ad arco ogivale del muro occidentale dell'oratorio di Falaride di Agrigento. A differenza di quest'ultimo il portale d'ingresso della chiesa normanna siracusana presenta una doppia ghiera aggettante ed è sormontato da muratura costituita da piccoli conci squadrati mentre nel tempietto agrigentino il portale è stato ricavato tagliando la robusta muratura greca. Al secolo XIV si fanno invece risalire le «crocierine gotiche, di perfetta fattura, che investono e soverchiano, con arditissimo slancio, il portale normanno. [Esse] Sono manifestamente gli avanzi delle crociere di un edificio probabilmente religioso orientato orientato nello stesso senso del tempio normanno» e che dovevano innestarsi nella volta centrale orientata in senso est-ovest, a copertura della navata centrale.
Nel 1562 il viceré spagnolo fece realizzare proprio nell'area del tempio di Apollo una fortezza analoga a quelle edificate in quel periodo in Sicilia , distruggendo ciò che rimaneva del tempio. Subito dopo l'unità d'Italia ha inizio Viter per l'espropriazione del tempio e degli edifici soprastanti. Nel 1864 viene demolita la chiesa che insisteva sul tempio, in seguito all'accoglimento della richiesta di espropriazione per pubblica utilità, avanzata nello stesso anno. La demolizione dell'edificio religioso consentì di quantificare in sei il numero delle colonne del lato orientale e di riconoscere delle analogie planimetriche con il tempio di Apollo a Corinto (fig. 5). Le campagne di scavo archeologico consitono ancora nella seconda metà del XIX secolo in una mera raccolta di materiali appartenenti alla fabbrica originaria . Solamente nei primi anni del XX secolo matura una nuova concezione della disciplina archeologica che sarà alla base dell'intervento condotto da Paolo Orsi, tra il 1938 ed il 1942, sotto la direzione di Giuseppe Cultrera, Soprintendente di Siracusae, che riporterà alla luce il tempio liberandolo dalle fabbriche della cinquecentesca caserma spagnola, cancellando definitivamente ogni stratificazione architettonica.