Canottieri Ortigia - Sport Siracusa

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
sport Siracusa
Vai ai contenuti

Canottieri Ortigia

Siracusa Circolo Canottieri Ortigia, testi e foto a cura di Dante Piazza


la foto originale dei primi anni 50 del secolo scorso
Timoniere, Archimede Piazza, uno dei sette soci fondatori dell'Ortigia.
Sulle gambe del timoniere, quasi nascosto, il figlio Enrico Piazza.
La prima voga Spinoccia, la terza voga Andrea Mauceri, la quinta voga il gigantesco Alfredo Bizzoni (studente di medicina e futuro primario di radiologia all'ospedale Umberto 1°).
Enzo Maiorca, un giovanissimo e irriconoscibile, alla seconda voga.

Circolo Canottieri Ortigia – Ripercorrere la storia della società significa ripercorrere una parte significativa della storia di Siracusa fino alla metà degli anni cinquanta.
La storia del sodalizio remiero, con i colori bianco verdi, ha inizio il 15 Aprile del 1928, ad opera di un gruppo di appassionati “canottieri”, animati dal grande amore per il mare e per lo sport.
Il principale animatore di tale iniziativa fu Alberto Scarselli, portatore di una cultura di canottaggio maturata in gioventù, nella natia Castellammare di Stabia, il quale, insieme ad Archimede Piazza, Pippo D’Aquino, Ciccio Abela e Silvio Guido, fondò il Circolo Canottieri Ortigia, stabilendo la prima sede della società nell’area dei “Sette Scogli” fra la capitaneria di Porto e la Fonte Aretusa, nella zona nota a tutti i siracusani come “Villetta Aretusa”.
Le imbarcazioni, le attrezzature e gli spogliatoi erano allocate nei tunnel esistenti nella villetta ed in quello di uscita dell’Ipogeo sul Foro italico, accanto alla fontana dei giganti alla marina. Il primo ed inizialmente unico armo del Circolo era una “Jole 4 con” di cui Scarselli era capovoga, Pippo Monteforte seconda voga, Pippo D’Aquino terza voga, Silvio Guido quarta voga e timoniere Archimede Piazza.

nel tempo si sono succeduti i sottostanti presidenti e responsabili
Canottieri Ortigia
Presidenti
Alberto Scarselli 1928-1930  
Francesco Abela  1930-1939
(gestioni commissariali) 1940-1946
Bartolomeo Cannizzo  1947-1951
Giuseppe Gallo  1951-1955
Concetto Lo Bello  1955-1976
Raffaello Caracciolo  1976-1978
Alfredo Risita  1979-1981
Enzo Genovese  1981-1986
Aldo Vancheri  1986-1987

Canottieri Ortigia sez. Canottaggio
Presidenti
Giosuè Di Natale  1987-1995  
Giuseppe Mancuso 1995-2002
Luigi Salvoldi   2002-2006
Ermenegildo Chessari dal 2006

allenamenti nel porto Grande vedi album fotografico in fondo alla pagina



Nel 1947 Alberto Scarselli, l’Ing. Pippo Gallo, Pippo Monteforte (detto “pizzetto”) e Archimede Piazza, con impegno appassionato si adoperarono per far vivere il Circolo Canottieri Ortigia trovandogli una sede più degna in una parte dell’area dell’Idroscalo e della Aeronautica Militare di via Elorina, confinante con la S.P.E.R.O.
Dopo i lavori di riadattamento, il circolo fu concessionario di due fabbricati dell’idroscalo dell’aeronautica militare, che prima della guerra ospitava una base per idrovolanti di stanza nel porto della città e l’adiacente idroscalo civile, utilizzato dalla compagnia di bandiera fino al 1942 per raggiungere le colonie dell’africa orientale.
La struttura era in completo abbandono ed i segni della guerra ancora visibili.
Il filo spinato arrugginito impediva di accedere agli hangar diroccati, ai piazzali non più agibili, ai moli con le gru ridotte ad ammassi ferrosi.
All’interno del circolo, davanti alla palazzina Comando era stata allestita una pista in cemento, dove nelle notti d’estate, si organizzavano serate danzanti all’aperto alla luce di alti lampioni sospesi su otto pali di legno piantati tutt’intorno.
Le serate estive erano allietate in città da due band: una del maestro Zanella con il virtuoso della tromba Ferrara, e l’altra del maestro Maranci, virtuoso di fisarmonica e del più classico pianoforte.
Le due “band” suonavano musiche alla moda del primo dopoguerra.
Una serata fu dedicata anche alla scelta della ragazza da mandare alle selezioni di “Miss Italia”.
Con soddisfazione di tutti, fra le agguerrite aspiranti fu eletta Marisa, una bella bruna, figlia del Presidente del circolo.
Davanti all’ampio piazzale della palazzina comando c’era il bacino di accesso sul porto, delimitato da due piccoli moli per le cerimonie militari. Quello di sinistra portava ancora i segni dello sbarco anglo-americano: un mezzo anfibio, semiaffondato nella fanghiglia maleodorante, aveva ancora il portellone aperto come una grande bocca spalancata.
Nell’invaso di destra si svolgevano le attività degli equipaggi, che armavano le imbarcazioni, prima dei giornalieri allenamenti.
I giovani canottieri, con le braccia dritte sopra la testa, trasportavano le imbarcazioni dal capannone fino alla zattera, ancorata davanti allo scivolo e collegata con un asse di legno alla banchina.
Gli equipaggi partivano con i remi ben dritti sui carrelli fino a quando l’imbarcazione si allontanava a sufficienza, per poi all’unisono infilarli negli scalmi e prepararsi alla prima vigorosa vogata.
Il rito si replicava al ritorno. Fruttando l’abbrivio, i canottieri sfilavano i remi e li reggevano ben dritti fino a quando l’imbarcazione si accostava alla zattera.
Il timoniere impartiva ordini decisi, in modo che l’equipaggio non commettesse errori nelle operazioni di accosto.
I giovani imparavano in tal modo tutti i segreti della disciplina sportiva, di cui si erano innamorati.
Le imbarcazioni issate a terra poi venivano appoggiate su cavalletti per essere ben lavate e asciugate, dentro e fuori, per togliere la salsedine dalla speciale vernice, che consentiva agli scafi di legno pregiato di scivolare più facilmente sull’acqua.
Poi veniva il turno delle docce per l’equipaggio.
Erano tutti ragazzi alti e ben piantati perché l’arte del remo richiedeva braccia e gambe lunghe e robuste e casse toraciche adeguate.
Per resistere allo sforzo della palata senza spezzarsi, i remi erano ricavati con pregiati e robusti legni massicci, meno elastici dei leggerissimi scafi e remi di oggi in fibra di carbonio.
Il fasciame dello scafo, anch’esso in legno pregiato, era avvitato ai costoloni di legno con leggere viti in rame con testa ribattuta a filo. In occasione delle trasferte, l’imbarcazione più lunga (otto con) veniva smontata, per facilitarne il trasporto, in tre tronconi mediante le viti in rame che serravano i doppi costoloni interni.
Un anno si tentò anche di creare un equipaggio femminile e l’iniziativa accese l’interesse e la curiosità degli equipaggi maschili già esperti.
Con occhio divertito assistevano e condizionavano non poco le manovre maldestre delle timide ragazze, che per la prima volta si cimentavano in calzoncini e magliette con i colori sociali.
Nel 1951 viene assegnata al circolo siracusano l'organizzazione dei 14^ campionati del mare (Campionato d'Italia in jole di mare).
Dirigenti e atleti, venuti da ogni parte d'Italia, rimasero incantati dall'organizzazione e dall'ospitalità.
Il porto grande di Siracusa si confermò un campo di gara ideale, per niente inferiore ai più celebrati d'Italia.
Le regate rivelarono i progressi del canottaggio siciliano che fino a qualche anno prima aveva poca importanza in campo nazionale.
Dall’annuario ufficiale della Federazione Italiana di Canottaggio si desumono i seguenti armi vincitori di quella manifestazione, documentata dagli archivi del cinegiornale nazionale Film L.U.C.E.
Va sottolineata, a tal proposito, la partecipazione del Circolo Canottieri Ortigia ai Campionati Nazionali con diversi Armi: 8 con, 4 con, 2 con i cui equipaggi erano composti da atleti che ricordiamo con grande affetto: Luigi Vinci, Alfredo Risita, Peppino Conigliaro, Andrea Mauceri, Enzo Maiorca e Ninni D’Arienzo.
Gli anni d'oro ebbero vita breve: purtroppo la mancanza di rincalzi e delle risorse per il rinnovamento delle imbarcazioni della flotta anteguerra (troppo differenti come peso rispetto a quelle in dotazione di altri circoli remieri) non permisero al Circolo Canottieri Ortigia di riconfermare i risultati ottenuti negli anni precedenti.
Negli anni seguenti l’iniziativa dei primi appassionati fu proseguita da altri giovani e meno giovani, ma sempre entusiasti, e il Circolo divenne col tempo non solo un punto di riferimento per il canottaggio, ma anche una occasione di incontro e di socializzazione per la gioventù siracusana.
Per comprendere il significato e l’importanza di una simile iniziativa, bisogna ricordare cos'erano quegli anni precedenti e dell’immediato dopoguerra, carichi di desideri e di bisogni di rinascita, ma poveri di mezzi e strutture associative.
Successivamente, il crescere delle dimensioni e dei maggiori impegni che tale iniziativa comportava, spinsero i promotori a cercare l’appoggio di personalità di rilievo in grado di assicurare adeguati finanziamenti che consentissero al Circolo Canottieri “Ortigia” di proseguire ed ampliare la propria attività.
L’entusiasmo dei pionieri, pur passando da una generazione ad un’altra, non era più sufficiente a reggere il passo con i tempi.
Era il momento in cui i siracusani riuscirono a far prevalere l’anima turistica e culturale della Città e a dirottare l’insediamento dei primi impianti industriali di Moratti padre nella rada di Augusta.
Il passaggio generazionale fu colto dal giovane Concetto Lo Bello, che, appassionato di nuoto e pallanuoto, si adoperò di unificare sotto il blasone della società remiera le attività sportive della Aretusa di pallanuoto, che utilizzava lo stesso specchio d’acqua dei “Sette scogli” prospiciente la Villetta Aretusa.
Già nel 1960, in occasione dello sbarco della fiaccola olimpica nel porto della città, il sindaco Raffaello Caracciolo la consegnò al primo tedoforo Concetto Lo Bello e questo al secondo tedoforo Giuseppe Monteforte della vecchia generazione del Circolo Canottieri Ortigia.
Così tramontavano gli allori siracusani dello sport remiero e risorgevano il colori biancoverdi del nuoto e della pallanuoto del Circolo Canottieri Ortigia  
Torna ai contenuti