Chiesa Sant'Andrea
Un gioiello Svevo del dodicesimo secolo sconosciuto ai più giace semi diroccato e abbandonato nella campagna tra Lentini e Buccheri ( foto e testi di Miclelangelo Blanco)
Chi potrebbe mai immaginare che fra le verdi vallate a nord del bel paesino di Buccheri, dispersa in mezzo ai campi e coltivazioni si possa trovare un rarissimo esempio d’arte gotica risalente addirittura al periodo svevo.
Eppure fra quei verdi e fioriti prati costellati di uliveti, una chiesetta appare come un’inaspettata sorpresa, come in una di quelle antiche fiabe e leggende che cantano di boschi e di luoghi remoti, mete di cavalieri alla ricerca di ventura e nobili gesta.
La chiesa di Sant’Andrea è una di quelle rarissime meraviglie disperse che acquista maggior valore per la sua resistenza al tempo e ai cataclismi che qui più di ogni altra regione della Sicilia, hanno sconquassato le deboli tracce dell’uomo. Ciò nonostante, l’aspetto più stupefacente, oltre alla mirabile architettura, resta il luogo nel quale sorge.
Oggi essa rappresenta uno dei più importanti e rappresentativi esempi di architettura medievale religiosa del periodo svevo in questa parte di Sicilia ma se in un primo momento quei bianchi mattoni e quei rigidi abbellimenti ci appaiono inizialmente come un intrigante mistero, successivamente, visti da vicino, essi assumono un significato che va oltre la semplice freddezza delle rocce di cui è costruita, tramandando un valore d’altri tempi che si contestualizza solo ricercandone le motivazioni.
E sì, perché la presenza di questa chiesetta in questo luogo sperduto non è affatto cosa da poco, essa, infatti, è un prezioso testimone di un’importantissima ed anche drammatica fase storica della Sicilia medievale.
Per comprendere quanto detto è necessario risalire alla fine della dominazione araba, quando, grazie alle eroiche e geniali gesta militari di Ruggero d’Altavilla e Roberto il Guiscardo, avvenne la conquista normanna dell’isola e la conseguente rilatinizzazione del territorio.
I normanni per mantenere il controllo, non solo sotto l’aspetto militare, cercarono il rinsediamento del culto cattolico, sradicando il diffuso islamismo. Tuttavia questi si sforzarono di mantenere un clima di tolleranza verso le altre etnie ed a riguardo basta ricordare le gesta di Guglielmo II, grande appassionato degl’usi e dei costumi arabi.
Le cose però cambiarono con l’arrivo degli Svevi ed in particolare con il regno di Federico II, il quale prese in mano con più energia la riconquista cattolica della Sicilia costringendo i vari casali e le comunità arabe, ancora abbondanti sul territorio, alla conversione o in caso di rifiuto, alla deportazione.
E’ in questo clima di pulizia etnica che tra la fine del XII e l’inizio dell’XIII sec. è possibile inquadrare la presenza della chiesa di S. Andrea fatta erigere in un luogo su cui esisteva una solida comunità araba di cui tutt’ora ne resta solo traccia nel toponimo: il nome della vicina contrada Rachalmeni proviene, infatti, da Rahalmeni, in cui il termine arabo Rahal indica, appunto, casale.
S. Andrea nasce su commissione diretta di Federico II. Secondo alcuni studiosi tale commissione fu affidata ai frati Teutonici, i quali erano sostenuti dai cavalieri Templari che in quel periodo di crociate combattevano con ardore i saraceni. Questa relazione fu stabilita grazie al rinvenimento, all’interno della chiesa, di alcuni graffiti di chiaro riferimento templare, ovverossia, monaci a cavallo in atto di battaglia e la rappresentazione di un gatto, ma altri eminenti studiosi, tra cui il celebre Vladimir Zoric, curatore del recente restauro, non furono di questa opinione.
Zoric sostenne, infatti, che Federico II commissionò la costruzione della chiesa ai frati cistercensi i quali erano comunque strettamente legati ai templari e al loro culto, giustificando in tal modo la possibilità che in questo luogo remoto fossero transitati, anche solo per breve tempo, quest’ordine di cavalieri diretti in oriente per le crociate.
Altra stretta testimonianza del legame fra i monaci cistercensi e i templari è il nodo di Salomone graffito nei muri esterni insieme ad altre rappresentazioni religiose, tale raffigurazione è una delle chiavi più evidenti che testimonia questa importante presenza.
Sebbene attualmente non sia possibile entrarvi a causa della chiusura dell’ingresso, la visione di questa costruzione è un esperienza che induce una grande emozione. L’orientazione richiama la vecchia usanza di rivolgere l’abside ad oriente e l’ingresso ad occidente, tuttavia modifiche successive ne hanno invertito l’ingresso e ad oggi vi si accede solo dall’abside. Un piccolo rosone posto in alto filtra ancora la luce del tramonto come un tondo luminoso che rischiara quei mirabili archi a sesto acuto della volta, percorrendo la parete sud fino a toccare il cuore dell’antico abside dove un tempo dominavano gli affreschi religiosi.
La mano dei pellegrini si riconosce ancora nei molteplici graffiti che riportano vecchie date anche di centinaia d’anni, quando già la chiesa era in stato di abbandono.
Le testimonianze storiche narrano che nel 1576 S. Andrea fu munita di un piccolo convento in grado di ospitare una più ingente comunità di monaci ma già nel 1596 fu abbandonata.
Nel 1857, grazie all’interesse di mons. Mirone, vescovo di Siracusa, fu sottoposta ad un primo restauro e recuperata ristabilendo per un certo periodo il culto religioso.
Successivamente, fu sottoposta ad un secondo restauro sotto la guida del già citato Vladimir Zorec che ne realizzò un approfondito studio dal quale fu ricavato un importante libro: La chiesa Sveva di Sant'Andrea , dal quale ho tratte le immagini)