via Giudecca memoria di Antonio Randazzo
Cosa era ed è la Giudecca, memoria degli anni 40/50 di Santonio Randazzo
Oggi la via della Giudecca e muta e immobile, vive solo nei ricordi di qualcuno di noi “vecchi” e mai i passanti e qualche sfuggevole turista in visita da quelle parti, riuscirà a capire cos’era la Giudecca di noi ragazzi del tempo che fu.
A Jureca, per noi sarausani che vivemmo il dopo guerra, una mitica strada di Ortigia oggi centro storico al servizio di un turismo ossessivo di massa.
Tra il 1946 e la fine del 1960, era una vera una goduria, per noi ragazzi di strada vissuti in quel dopoguerra di ricostruzione, affamati e senza speranza di futuro, percorrere quella fatata via tra gli odori di frutta e verdura e l’inebriante profumo di pane e biscotti appena sfornati dai numerosi panifici e forni.
L’intera strada era un vero e proprio mercato popolare con al centro piazza San Filippo, un chiosco di bevande e bibite frizzanti, bancarelle e botteghe di generi alimentari, frutta e verdura, diverse macellerie, Giudice, Di Natale, Peluso, “a scanna ri Bittinchi”, di basso macello, per le classi meno abbienti, barbieri, fotografi, tabaccai, osterie, negozi di ferramenta e pitture, (Pizzo), un negozio di uccelli e gabbie, “u gazzusaru”, fabbrica di gazzose di Gravè, e una miriade di attività turbinose con offerta a prezzi accessibili che offrivano una capacità di servizio che abbracciava tutta Ortigia dando possibilità di reddito a numerose famiglie.
Odori, profumi e coreografie oramai sparite erano il palcoscenico dove risuonavano le cantilene dei venditori ambulanti che “vanniavunu”, bandezzavano incantevoli note di personaggi riconoscibili che noi bambini, in piena libertà, spensierati, allegri e gioiosi, tentavamo di imitare.
Solo attraverso la memoria i ricordi e le immagini stampate nel cervello si può tentare di raccontare cosa e come era la Giudecca.
In via della Maestranza, a pizzu i cantunera, con l’inizio di via della Giudecca, c’era lo storico caffè Bottaro frequentato per lo più dagli operai.
In via Giudecca, a sinistra nei bassi, un negozio di uccelli e gabbie, a seguire la rivendita frutta e verdura della famiglia Carnemolla e a fianco la casa di abitazione dei Lacagnina ad angolo con a vanedda aliva, vicolo dell’Ulivo e subito un panificio e poi “u gazzusaru”, fabbrica di gazzose di Gravè e quindi piazza San Filippo, con il chiosco rivendita bibite e vicolo II e la chiesa.
Sulla destra, all’inizio della via, se non ricordo male, il forno panificio Schiavo il quale abitava in via Gargallo al civico 30, accanto alla mia casa di abitazione.
Al civico 10 l’ingresso ad un palazzo dove abitava il mio amico Marcello Spampinato, “u malandrinu” chiamato da noi scolari delle scuole “nuove” ra spidduta, oggi elementari Mazzini.
In uno dei bassi il magazzino deposito di mobili Fazzina, dove lavorai per qualche tempo e quindi vicolo I alla Giudecca e la macelleria Giudice a fianco del tabaccaio e ancora l’imbocco di via del crocifisso e poco più avanti, al civico 34, il negozio di ferramenta di Pizzo, e al civico 36 rivendita gas in bombole e poi ronco Purgatorio e la facciata laterale delle scuole vecchie di via Logoteta nell’ex convento dei Paolini.
Di fronte la bottega falegnameria del maestro Branciamore e i figli Franco e Angelo, miei compagni studenti alla scuola d’Arte di via Mirabella.
A sinistra dell’allora slargo la macelleria Bittinghi, celebre per la macellazione di bovini di basso macello, a scanna ri Bittinghi, venduta a poco prezzo accessibile a noi poveri.
Sulla via Mario Minniti, ad angolo, i De Grande, costruttore di tabbuti, bare.
Tornando sulla via Giudecca, a scendere abitazioni private nei bassi e piccoli negozi e la piazza di San Giuvanneddu, piazza del precursore e la chiesa di San Giovanni Battista.