mulini teatro greco 22 - cenacolosiracusanita

Cenacolo siracusanità
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mulini teatro greco 22

i mulini del teatro antico di Siracusa



I MULINI DEL TEATRO GRECO DI SIRACUSA di: RENATA RUSSO DRAGO documentazione pdf
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Ad ogni nuovo ciclo di rappresentazioni al teatro greco, il 32° nel 1992, si rinnova l'antica magia di uno spettacolo diverso dagli altri, che suscita ogni volta una vera emozione. Anche se le scene, le soluzioni registiche, e talvolta anche la recitazione possono essere oggetto di critica e lasciare in qualche modo a desiderare, rimangono sempre l'incanto delle secolari gradinate scavate nella viva roccia, il profumo che sale dai giardini circostanti, il verde degli alberi a far da quinta naturale, il profilo familiare della torretta Nava, che pare faccia la guardia al grande monumento, assurto ormai a simbolo prestigioso della città. E tuttavia illustri studiosi hanno osservato che questa famosa testimonianza dell'arte antica non si conosce bene o non si conosce affatto (').
Legate alla storia del teatro sono le lunghe vicende dei mulini del teatro greco e la lotta che i Siracusani cui stava a cuore la buona conservazione del monumento dovettero sostenere contro quei mulini che giu¬stamente definivano «barbari» perché lo deturpavano e danneggiavano con lo scolo delle acque che scendevano sulle gradinate e con il passaggio dei carri dei mugnai (2).
Come è noto, i frequenti attacchi degli Arabi nei secoli Vili e IX e la definitiva conquista mussulmana segnano la decadenza e la rovina di molti importanti edifici siracusani; sotto il dominio degli Spagnoli, poi, il teatro ebbe la triste sorte di fornire materiale edilizio ai nuovi padroni, soprattutto per la costruzione della cinta fortificata della città (3). A lungo parte del teatro fu coperta di terra e di vegetazione, benché nel '500 e nel '600 si potessero ancora vedere le «reliquie» dell'antica grandezza, come attestano diversi studiosi: il Fazello ad esempio nel XVI secolo scrive che del «teatro grandissimo, il più grande e il più bel¬lo secondo Cicerone», se ne poteva «vedere in qualche parte la forma scolpita in vivo sasso» (4).
Molti viaggiatori stranieri del '700 e dell'800 ci hanno lasciato testimonianze dello stato di deterioramento in cui si trovava allora il teatro, pur ammirandone lo splendido paesaggio, del quale alcuni ci hanno anche lasciato suggestive immagini dove i mulini sono considerati un elemento che rende più pittoresca la veduta. Alla fine del XVIII secolo Vivant Denon scriveva infatti che il teatro «si distrugge ogni giorno, senza ritegno», notandovi un mulino e la grande quantità d'acqua che cade a cascata (5). E l'Houel: «questo nobile edificio è diventato un luogo abbandonato e la natura, sempre attiva, ha ripreso il sopravvento sul capolavoro, cancellando a poco a poco tutto ciò che l'arte aveva creato... i loro caratteri disparati confusi insieme hanno contribuito a formare un'opera nuova: un miscuglio di rocce rozze e squadrate, di cui si distingue una cinta di gradini e un profondo fossato, alberi, erbe, muschio, sedili... più in là scorrono acque abbondanti che servirono un tempo per il teatro... esse si perderebbero se l'interesse dell'uomo non le avesse incanalate e sfruttate per mettere in movimento le ruote dei mulini del circondario. Ve ne sono molti che arricchiscono il paesaggio insieme alle case, alle capanne, agli alberi, ai resti architettonici» (6). Anche l'inglese De Wint, venuto nell'800, nota «le rovine del teatro» e sopra gli acquedotti, i mulini, le cascate, gli alberi, di cui ci ha anche lasciato un acquerello (7).


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