Epigrafe di Euiska
Catacombe di San Giovanni
Nella più importante epigrafe cristiana di Siracusa la devozione a Santa Lucia
L'ombrosa e la luminosa di Mariarita Sgarlata
Può una lapide possedere una forza evocativa e una valenza documentaria superiore all'intera gamma di fonti primarie e secondarie di cui si può disporre? Sì, se si tratta dell'iscrizione di Euskia. È quanto emerso durante un lavoro di revisione del materiale epigrafico proveniente dal cimitero comunitario di San Giovanni a Siracusa, nell'ambito dei lavori dell'Ispettorato per le catacombe della Sicilia Orientale della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
Nessuna decorazione aggiunta, nessun segno distintivo accompagnano la modesta sepoltura di Euskia, una delle tante fosse scavate nel suolo di un cubicolo, ma soltanto un'iscrizione marmorea che, nell'esitante impaginazione e nell'affollamento dei nessi fra le lettere, assume una valore particolare per la storia del cristianesimo delle origini a Siracusa.
"Euskia l'incensurabile, che visse onestamente e nobilmente anni più o meno 25, morì nella festa della signora mia Lucia, per la quale non è necessario pronunciare encomio. Cristiana fedele (e) perfetta, gradita al proprio marito per le (sue) molte grazie, affabile".
Nella traduzione dal greco, questo è il testo della più importante epigrafe cristiana di Siracusa. È cristiana nel formulario che ripropone l'elogium, i dati retrospettivi della vita della defunta e il monogramma cristologico, affiancato dalle lettere apocalittiche, patrimonio comune delle iscrizioni delle catacombe; è uno straordinario esempio di devozione perché Euskia aveva ottenuto il privilegio di morire nel giorno sacro a Lucia, protettrice dei siracusani, martire durante la persecuzione di Diocleziano il 13 dicembre del 304. La heortè (la festa) corrisponde al dies natalis di Lucia e, ricordandola, il marito, che aveva presumibilmente commissionato la lapide, cercava di assicurare la protezione della martire alla sposa, morta nello stesso giorno.
Ma c'è di più, perché il nome della defunta Euskia contrasta con il nome di Loukia: l'Ombrosa si contrappone alla Luminosa e tutto questo potrebbe non essere casuale.
Già dal primo scopritore nel 1895, l'archeologo Paolo Orsi, ha iniziato a prendere forma l'idea che l'epigrafe, riferendosi a una donna che soffriva di una malattia agli occhi, potesse configurarsi come il più antico documento relativo al protettorato della vista riconosciuto alla martire Lucia dai suoi devoti. Anche non volendo accreditare una suggestione di tale natura, appare incontrovertibile che Lucia sia comunque kyria (signora) e ci chiediamo se il termine sia da intendere come sinonimo di haghìa (santa), cosa che garantirebbe l'ufficialità del culto, o come semplice titolo onorifico. Quale che sia la risposta, l'importanza dell'iscrizione di Euskia non ne uscirebbe scalfita poiché attesta, se non ancora la santità di Lucia, la devozione locale e il culto di cui la martire era oggetto nel v secolo a Siracusa.
Siamo dunque in presenza della prima attestazione del culto di Lucia, che conferma la storicità della notizia fornita dal martirologio geronimiano sulla devozione popolare nei confronti della santa, manifestatasi fin dall'inizio con la celebrazione di una festa. Le altre testimonianze si riferiscono tutte a periodi successivi: tra queste merita di essere ricordato il più antico documento letterario che abbia tramandato la memoria di Lucia, un martyrion greco datato alla fine del v secolo, la cui attendibilità è stata a lungo discussa e, a tutt'oggi, non ancora palesemente dimostrata. L'iscrizione, ascrivibile agli inizi del v secolo, precederebbe così la contestata passio e confermerebbe l'antichità del culto di Lucia, le cui spoglie erano conservate nell'omonima catacomba a Siracusa. Insieme con l'iscrizione catanese di Iulia Fiorentina, l'epigrafe di Euskia si configura come il più antico documento siciliano che si possa mettere in relazione con l'esperienza del martirio.
L'opera di potenziamento del culto tributato a Lucia, legata all'iniziativa di Gregorio Magno, trova a Siracusa una conferma anche nella fondazione di un monastero sul luogo della sepoltura della santa, che viene dunque rilanciato dalla fine del vi secolo come polo devozionale. Mentre la fondazione del monastero è certificata da fonti contemporanee e attendibili, la costruzione della basilica, destinata a custodire le reliquie della martire e ad accogliere i fedeli, viene attestata solo dalla passio menzionata, che insiste sulla funzione aggregante della tomba - "attrae fedeli dalle città vicine e favorisce il flusso dei pellegrinaggi".
I due oratori, ricavati in età bizantina, all'interno della catacomba rivelano in pianta una contiguità topografica evidente con il sepolcro della santa e, grazie alla presenza di graffiti nella fase più antica, sono la prova più convincente dell'incessante movimento dei pellegrini, che doveva interessare l'intera zona.
Se l'affresco che decora l'oratorio dei Quaranta Martiri si ferma alla data della prima metà dell'VIII secolo, i diversi strati pittorici del secondo oratorio indicano una prosecuzione del culto fino alla seconda metà del xiii secolo. Appare evidente come il culto di santa Lucia fosse destinato a sopravvivere nei santuari sotterranei extramuranei di Siracusa anche oltre il momento della traslazione del corpo a Costantinopoli, a opera di Giorgio Maniace nel 1039, perché l'asportazione delle reliquie non snaturava la funzione aggregante legata alla collocazione originaria. A questa funzione se ne potrebbe affiancare un'altra, di natura difensiva. La dislocazione topografica di questi, come degli altri santuari martiriali della città (in particolare, la cripta di San Marciano), assolverebbe infatti a un compito, più volte segnalato per altri centri, di proteggere per un lungo tratto la città più di quanto non sarebbero riuscite a fare le mura stesse, difendendola simbolicamente grazie alla presenza delle tombe venerate, che rinnovavano la memoria del martirio e della santità sia ai pellegrini che agli invasori.
Se l'iscrizione di Euskia, datata agli inizi del v secolo, conferma l'antichità della devozione popolare nei confronti di Santa Lucia, l'archeologia attesta la continuità del culto in un arco di tempo straordinariamente lungo, che si rinnova e si consolida di anno in anno, da heortè a heortè.