Marfisa - Siracusa era

Antonio Randazzo da Siracusa con amore
Siracusa era
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Marfisa

Pupi siciliani
La Marfisa

Figlia di Ruggero II e sorella gemella di Ruggiero, è una eroina della poesia cavalleresca italiana.
Lo scrittore e poeta Matteo Maria Boiardo nell’Orlando innamorato (1476) la presenta come una figura di intrepida donna guerriera di grande bellezza, dal carattere capriccioso e dai frequenti scatti di collera. Ludovico Ariosto nel suo poema: “Orlando furioso” (1516) la definisce forte, impetuosa e coraggiosa, nonché una guerriera selvaggia e intrattabile.
L'epico personaggio della giovane guerriera venne raffigurata da mio nonno, nel pupo qui presentato.
È alto circa un metro e trenta e senza timore di essere smentito, posso affermare che si tratta di un'opera di un'eccellenza tecnica che non ha precedenti ne, nella lavorazione catanese, ne in quella palermitana.
Guardando attentamente i particolari decorativi distribuiti sull'armatura della Marfisa, si può affermare che essa non è solamente un pupo in arme, ma è a tutti gli effetti, un'opera scultorea.
I motivi decorativi non sono semplici punzonature a sbalzo, comunemente usate dai costruttori pupari operanti in Sicilia fino a quegli anni, ma sono chiari elementi che richiamano all'Arte Nuova (Art Nouveau). Un'arte affermatasi in Italia tra la fine dell'Ottocento ed gli inizi del Novecento e che il nonno aveva appreso da giovinetto frequentando, solo per tre anni, i corsi di disegno e pittura alla Scuola d'Arte applicata alle Industrie di Siracusa (chiamata da Camillo Boito: Scuoletta siciliana), diretta dal 1891 dal giovane piemontese Giovanni Fusero.
Vediamo che su tutta l'armatura, lavorata a sbalzo in rame e ottone, sono distribuiti decori floreali in perfetto stile Liberty (foglie, fiori, frutta, ecc.); essi fregiano la corazza, i gambali, l'elmo, perfino le scarpe che richiamano la vezzosa moda femminile dei ruggenti anni Venti.
Una novità costruttiva rende poi realistica lo sguardo fiero della Marfisa ed è l'inserimento degli occhi di vetro, al posto di quelli comunemente dipinti; una innovazione introdotta dal nonno Ernesto e che caratterizzerà la lavorazione dei suoi pupi.
Lasciatemi concludere dicendo che l'armonia e la proporzione del pupo Marfisa, da qualsiasi lato la si guardi, lascia immaginare che dentro quell'armatura ci sia veramente un corpo femminile.
Con questa opera il nonno partecipò, in qualità di artigiano, alla Fiera Campionaria di Tripoli del 1928 (in quell'anno aveva compiuto 37 anni) e con sua grande soddisfazione fu premiato con la medaglia d'oro.
In quegli anni Ernesto assieme ai fratelli Sebastiano, Giuseppe, Luciano (questi dopo pochi anni proseguirono per proprio conto) e Salvatore aveva inaugurato il "Teatro Eden".
Era lui assieme al fratello Salvatore a dare voce, come era d'uso, ai personaggi sia maschili che femminili, mentre la sorella Margherita si occupava dei costumi e il cognato Francesco Capodicasa dell'assemblaggio e saldature delle armature.
Nel 1935 il nonno smise con il teatro e tornò alla sua iniziale professione di pittore e decoratore e con essa arrivarono altrettante soddisfazioni. Nel 1948 iniziò a vendere tutti i pupi (la Marfisa all'Azienda Provinciale Turismo, altri a privati e altri rimanenti al puparo sortinese Ignazio Puglisi).

Ernesto Maria Puzzo

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