Tratto da “I SIRACUSANI” ANNO III N.11 GENNAIO FEBBRAIO 1998
documentazione pdf
Al pianterreno 200 lire...
La legge Merlin
Dopo una battaglia parlamentare durata più di 10 anni, il 20 settembre 1958 entrò in vigore la famosa legge Merlin che disponeva l'abolizione delle "case chiuse". Ecco cosa scrisse in proposito lo scrittore Dino Buzzati: "...c'è un altro aspetto negativo della legge Merlin che non ho visto indicare da alcuno. Essa cioè - e non ho nessuna intenzione di scherzare - ha stroncato un filone di civiltà erotica che, nell'ambito delle case chiuse, veniva trasmesso, con le parole e con l'esempio, di generazione in generazione, alimentando un'arte spesso raffinata, che temo si sia ormai dispersa per sempre. Cosicché la Merlin può essere paragonata a quell'Erostrato che è leggenda abbia appiccato fuoco alla grande biblioteca d'Alessandria, distruggendo un immen¬so capitale di cultura, mai più recuperato". Indubbiamente sui bordelli (e nei bordelli), artisti e scrittori, uomini di cultura di chiara fama scris¬sero le loro pagine più belle. Maupassant visse i suoi ultimi anni di vita amorevolmente accudito, fino alla sua tragica morte, nel più frequentato di Parigi, lo stesso dove Toulouse-Lautrec dipinse le sue più celebri opere, scegliendo le più famose e discinte donnine.
La chiusura dei bordelli in Italia fece aprire sui diversi quotidiani dell'epoca ampie dissertazio¬ni, positive o negative, sulla loro esistenza. Uscì addirittura un grosso volume "Quando l'Italia tollerava", curato da Giancarlo Fusco ed edito da Canesi nel 1965, divenuto subito rarissimo e ricercato, con scritti di Giovanni Comisso, Italo Cremona, Mino Maccari, Ercole Patti, Mario Soldati, Vincenzo Tallarico, Cesare Zavattini, Alberto Bevilacqua e Dino Buzzati. Nessuno, però riuscì, nonostante i tantissimi tentativi, a farli riaprire: dura lex sed lex! La legge era stata varata, pubblicata sulla "Gazzetta Ufficiale", e non si poteva più tornare indietro, sconfessando la legittima vittoria della senatrice socialista. Naturalmente, fatta la legge scoperto l'inganno. E fu un inganno che costò parecchio a moltissime persone - dalle ragazze costrette a prostituirsi nelle strade, tra le dure maglie di protettori senza scrupoli, ai clienti che in strada conobbero nuove e micidiali malattie sessuali fino ai giorni nostri, all'AIDS. Allo scoccare della mezzanotte di quel fatidico giorno, quindi, si serrarono definitivamente i portoni delle case di tolleranza di tutta Italia, tra pianti disperati, nostalgici sospiri e accorati addii di tutte le "professioniste" dell'amore a pagamento. Era stato decretato il loro destino, ancorato a una fra le più travagliate leggi italiane del dopoguerra.
Il casino Bianca Monti di Siracusa Nel 1958 avevo poco più di 16 anni e ne dimo¬stravo a malapena 14. Non avevo i 18 anni richiesti dalla legge per poter avere accesso in un casino, nè possedevo una carta d'identità da falsificare, come facevano i miei coetanei. Ascoltavo avidamente i coloriti resoconti degli amici più fortunati, che parlavano degli arrivi della nuova "quindicina", descrivendo con dovizia di particolari le tornite gambe di Marcella la bolognese, le opulente natiche di Lulù la messinese, il gran seno di Wanda la barese. Sapevo ormai tutto del casino della Bianca Monti (da tutti chiamato 'u casinu ra Biancamonte), il più noto della città, che si trovava in una palazzina a due piani nei pressi dell'attuale mercato ittico, dietro i binari della Stazione Marittima, dove esistevano due altre "case" meno conosciute, definite "popolari", cioè frequentate dal popolino per i loro prezzi più abbordabili. In quella stradina senza asfalto, nei pressi del macello che si trovava proprio lì, la casa Bianca Monti rappresentava il meglio ilei postriboli siracusani, l'unico posto dove al primo piano, per 360 lire le puttane "più di lusso" ricevevano i rappresentanti della media borghesia, commercianti, professionisti e perfino, si diceva, qual¬che prete della provincia vestito "in borghese" per evitare di farsi riconoscere dagli altri clienti. Il piano terra, invece, dove si pagava 200 lire, era frequentato da chi aveva meno da spendere: operai, militari e studenti. C'erano ragazze pas-sabili, graziose ma prive di quella carica erotica che possedevano "quelle" del primo piano, facil¬mente distinguibili dalle forme e dalla tariffa. Col variare della tariffa, variava naturalmente l'arredo della casa. In basso una sala densa di fumo di sigarette, sedie e tavolini da una parte, alle pareti stampe di poco conto con soggetti rappresentanti nudi femminili mitologici: Susanna e i vecchioni, Leda e il cigno, gli amori di Dafne e Cloe, ninfe inseguite nei boschi da satiri ben forniti di attributi, vecchie gigantogra¬fie color seppia di ragazze discinte appartenenti all'epoca d'oro dei bordelli.
al primo piano 360 lire
Le signorine Tutto per creare l'atmosfera preparatoria per i clienti, mentre le ragazze con atteggiamenti e frasi più o meno sguaiate si davano da fare per farsi scegliere e andare ...in camera. Qualcuna si presentava a seno nudo, con mutande e calze nere a rete, un'altra con un solo velo trasparente posato sapientemente sul corpo nudo. Ma c'era sempre quella più libera, la "pazzarella", che si mostrava interamente nuda, quasi a voler dimostrare, con sfacciataggine, che lei era fatta così, che non aveva nulla da nascondere al con¬trario di qualche sua collega. In un angolo la scrivania dietro la quale stava, come una regina, la cassiera che fungeva anche da "segretaria" invitando, chiamando, rimproverando, magnifi¬cando "la merce" in esposizione e vantando le "specialità" di chi sfilava, parlando in continua¬zione, cantilenando atona e monotona come un registratore sempre in funzione. Dalla sua bra¬vura, dal suo saper fare, dipendeva la fortuna di una casa. La sua presenza metteva d'accordo i diversi caratteri delle ragazze provenienti dalle più disparate parti d'Italia e i clienti stessi, di ognuno dei quali conosceva preferenze e gusti. Il primo piano del casino Bianca IMonti era arre¬dato invece con un certo buon gusto - se di gusto si può parlare riferendoci ai bordelli - dai mattoni del pavimento in ceramica fiorita, ai muri tappezzati con eleganti carte da parati. Quadri su tela, sempre con donnine nude in atteggiamenti scabrosi, opere di abili pittori di provincia. Qualche statuetta di finto marmo riproducente Venere, la dea dell'amore. Tendaggi, divanetti e poltroncine.
Raffinatezze Le ragazze avevano un certo stile e raffinatezza e indossavano biancheria di lusso, provocante e mai volgare. Questo, al piano superiore, dove l'amore costava 360 lire.
Qualcuna di esse possedeva anche un pizzico di cultura, con parvenze di studi superiori. Maestre mancate e qualche liceale che non era riuscita a concludere gli studi. A volte queste ragazze passavano il tempo libero leggendo i romanzi rosa del momento o i libri degli autori in voga. Più di una riuscì a fare innamorare di sé qualche giovane colpito dall'educazione e dai compiti modi di fare. Quante storie legate a quelle case! Storie dense di romanticismo, di umanità, di amore, di speranze. Con la chiusura delle case di tolleranza finì anche un periodo di costume, che trova riscon¬tro perfino nella nascita di Roma. Storia antica quanto l'uomo. Certamente nata con la donna e morta in Italia per mezzo di un'altra donna, la senatrice Merlin, che intese donare la libertà a coloro che non chiamò mai prostitute ma "quelle disgraziate", ripetendo una frase ascoltata da un prete: "Sono donne che amano male, perché furono male amate".
Una testimonianza
Quella che adesso riporto è una conversazione con "Giusy del motorino" (soprannome che le ho affibbiato, a suo tempo, per l'abitudine che aveva di scorrazzare in città con il suo "Ciao"), che ha fatto parte per qualche tempo della "équipe" di casa Bianca Monti. L'ho rintraccia¬ta in epiesti giorni e mi ha concesso di parlare del tempo in cui, da ragazza, abitava proprio dalla Bianca. Riporto integralmente il contenuto della conversazione.
Hai detto Giusy, che abitavi ini da ragazzina dalla Bianca Monti. Vuoi spiegarti meglio?
Abitavo due porte più avanti la casa della signora Bianca. Mia madre era morta nel darmi alla luce e il papà non riusciva a trovare lavoro. Non sapeva come tirare avanti e io ero abbandonata, praticamente, nella nostra vec¬chia abitazione, dove l'umidità mi causava delle potenti febbri reumatiche che mi rendevano pal¬lida e macilenta. Avevo tredici anni quando la signora Bianca, vedendomi sulla soglia di casa a prendere il sole che mi asciugava le ossa, mi invitò a mezzogiorno a pranzare da lei. Ci andai e fui accolta nella stanza da pranzo, dov'erano sedute altre donne attorno alla tavo¬la bandita con un certo buon gusto.
La signora Bianca, ben pettinata ed elegante come sempre, stava seduta a capotavola e sem-brava una madre con le sue figlie. In effetti le trattava tutte come se fossero veramente le sue figlie, usando un garbo superiore a una qualsia¬si madre. La vedevo così io che non avevo mai conosciuto mia madre, se non in qualche foto prima di sposarsi.
Com'era la signora Bianca Monti, puoi descriverla, Giusy?
Era rigorosa con tutte...
La signora era una bella donna matura, mi pare sui trentott'anni, quando la conobbi, ma non praticava il "mestiere". Era rigorosa con tutte, ma con un cuore grande così. Quando una delle ragazze le esponeva un problema personale, lei non lesinava consigli o prestiti in denaro, se era il caso. Più in avanti si sposò con un siracusano che si occupava di moto ...non so se le vendesse o le aggiustasse. Era contenta, ricordo, e il loro fu vero amore. Presto n acque un figlio cui la signora si dedicò anima e corpo, felice perché anche lei, adesso, aveva una vera famiglia.
Alle ragazze della casa dedicò meno tempo, ma non le abbandonò: affidò la gestione del casino ad una sua incaricata di fiducia, anche questa buona e generosa.
Intanto cri cresciuta e arrivò ¡1 momento tli cominciare a guadagnarli la vita, come si dice in questi casi.
La vita continuò come prima, senza alcun intoppo, nel vicolo sempre più frequentato, solitamente di sera. Fui addetta ad aiutare la cuoca e a servire a tavola. Poi, divenuta più grande e ben fatta, già maggiorenne, feci parte del gruppo delle ragazze. Seguendo i loro suggerimenti e adocchiando di tanto in tanto nelle camere, imparai l'arte di piacere agli uomini. La prima volta non la dimentico facilmente; un bel marinaio americano di cui non capivo la lingua, fu il mio primo cliente che, ricordo, andò via abbastanza su di giri. Le mie compagne mi raccomandavano sempre di non innamorarmi mai, di essere distaccata nell'amplesso e di stare molto attenta a non restare incinta, usando le precauzioni che mi insegnavano.
La mia attività di prostituta ebbe subito un buon successo perché ero ricercata dai più gio¬vani, che mi lasciavano qualche volta buone mance. Piano piano il mio gruzzoletto, che mettevo da parte, si fece più interessante e iniziai a fare qualche spesuccia per il mio guardaroba. Finalmente non avevo più gli abiti dismessi che mi regalavano le ragazze, ma ne comprai anche qualcuno elegante, vistoso, nei limiti della decenza, come si usava nell'ambiente. La signora Bianca mi voleva sempre più bene ed io ormai le ero troppo affezionata. Trascorrevo il tempo libero occupandomi del bambino, andandola a trovare nella villetta che si era costruita in via San Giuliano. Ero soddisfatta, sicura di me e non ero più malaticcia. Abbandonai definitivamente la vecchia casa umida dove mio padre continuava ad ubria¬carsi, sempre più manesco e depresso che mai. La gente può pensare quello che vuole, ma io quel periodo lo ricordo con tanto piacere e volentieri. Se tornassi indietro non mi dispiace¬rebbe affatto poterlo rivivere. Io il mio lavoro l'ho sempre fatto con coscienza, non deludendo mai le aspettative dei clienti, che per questo non mancavano mai di ritornare.
Giusy perchè ti sei fatta improvvisamente triste? Che ti succede?
Penso che nel corso della vita, ad un essere umano è dato rare volte raggiungere ciò che più sogna. Dopo la vita cambia in peggio ed è diffi¬cile continuare a viverla. Signor Armando, lei capisce cosa voglio dire!
Non era siracusano, come erroneamente ricorda la Giusy che si confida con Armando Greco, colui che si innamorò e sposò Bianca Monti. Era un giovane bolognese che capitò a Siracusa agli inizi degli anni '30 per partecipare ad una gara di moto nel vecchio circuito. Una sera capitò, insieme ad altri corridori, nella casa di piacere della Monti, e fu un amore a prima vista. Dopo qualche mese egli tornò a Siracusa ed aprì una concessionaria di moto "Gilera", in viale Regina Margherita, e sposò Bianca Monti. Da questo matrimonio nacque nel 1935 Antonio che crebbe e studiò a Siracusa, fino al consegui¬mento della maturità classica, e poi si iscrisse alla facoltà di Ingegneria all'Università di Bologna. Un tragico destino ne stroncò la giovane vita nel 1961, una notte nella quale con la sua macchina raggiungeva da Bologna la caserma di Novara dove prestava servizio militare di leva con il grado di sottotenente dell'esercito.
ma con un cuore grande così
Pochi anni dopo il padre cedette le sue proprietà a Siracusa e si ritirò con la moglie in provincia di Bologna.
AMMINISTRAZIONE DI PUBBLICA SICUREZZA
Estratto
del regolamento sulla prostituzione modificato con le istruzioni ministeriali
del 23 Aprile 1880
ART. 17. Sono considerate meretrici le donne che esercitano notoriamente la prostituzione, e sono divise in due categorie:
. Le meretrici che abitano nei postriboli tollerati.
. Le meretrici isolate, quelle cioè che hanno abitazione particolare.
L'autorizzazione ad una meretrice di rimanere in abitazione particolare sarà concessa dal Questore o dall'autorità di Pubblica Sicurezza con molto riserbo e previo il consenso del proprietario della casa.
ART. 18. Tutte le prostitute devono essere inscritte all'Ufficio Sanitario.
ART. 29. La meretrice non può cangiare il luogo di sua residenza, ne assentarsene per più di tre gior¬ni senza averne ottenuto l'assenso del Direttore dell'Ufficio Sanitario.
ART. 30. Quando una meretrice sarà ricoverata in un Ospedale Civile per malattia accidentale, essa od il tenente-postribolo, cui è addetta, dovrà informarne l'Ufficio Sanitario.
L'uscita dall'Ospedale sarà parimenti notificata allo stesso Ufficio, e la meretrice in questo caso dovrà subire una visita straordinaria.
ART. 32. È assolutamente vietato alle meretrici:
Di abitare presso un venditore di bevande spiritose, vino, birra e simili;
D'uscire vestite in modo poco decente, od in istato d'ubriachezza;
D'affacciarsi alle finestre, o di stazionare sulle porte anche della propria abitazione;
Di fermarsi o frequentare le vie principali, le piazze o le pubbliche passeggiate;
Di commettere atti indicenti nei luoghi pubblici, e di tenervi discorsi osceni;
Di seguire i passeggieri per le vie o di adescarli con parole o segni;
Di rimanere fuori di casa senza giusta causa dopo le otto di sera dal mese di ottobre al marzo inclu¬sivamente, e dopo le ore dieci negli altri mesi;
Di girovagare nelle vie, specialmente in quelle adiacenti alla loro abitazione, soprattutto nelle ore vespertine;
È vietata alle meretrici la frequenza ai teatri, e saranno punite quelle vi si presentassero in modo indecente.
ART. 34. Quando una meretrice desidera di essere dispensata dalla visita sanitaria, deve presentare la sua domanda all'Ufficio, indicando il nuovo domicilio che intende scegliere, i mezzi di sussistenza, o l'occupazione sufficiente per procurarseli.
ART. 35. La donna che richiede di essere dispensata dalla visita ordinaria, perché intende desistere dal prostituirsi, deve ancora essere assoggettata ad una visita nell'Ufficio sanitario per ogni settimana durante tre mesi in ora destinata unicamente alla visita delle donne che stanno per esserne dispensate.
ART. 36. La cancellazione viene fatta dopo questo intervallo di tempo, se la condotta della donna è sempre stata regolare, vale a dire, se non risulta che abbia continuato a prostituirsi.
ART. 38. La prostituta sarà dispensata dalla visita se, giustificando essere passata a matrimonio dichiara desistere dal meretricio.
ART. 39. La meretrice, che sei mesi dopo la sua iscrizione presenterà all'Ufficio un certificato nomi¬nativo comprovante di aver depositato una somma alla Cassa di risparmio, avrà un premio in danaro corrispondente ad un vigésimo della somma totale versata.
ART. 40. Sono tollerate due categorie di postriboli, cioè
. Quelli in cui le meretrici hanno domicilio fisso;
. Quelli in cui le meretrici isolate si recano per motivi di prostituzione.
ART. 41. Le due categorie sono suddivise in tre classi:
Appartengono alla prima classe i lupanari, a cui si ha accesso pagando lire cinque o somma maggiore; Alla seconda se il prezzo è fra le due e le cinque lire; Alla terza se il prezzo è inferiore alle lire due.
ART. 53. Ogni meretrice trovata in un postribolo di qualsiasi categoria senza il prescritto libretto, sarà considerata come data clandestinamente alla prostituzione.
Il tenente-postribolo in questo caso sarà punito colla sospensione o revoca della permissione.
ART. 57. Il provento del meretricio sarà devoluto nei postriboli di prima categoria per tre quarti al tenente-postribolo e per un quarto alla meretrice.
Nei postriboli di seconda categoria per due terzi alla prostituta e per un terzo al tenente-postribolo. Il riparto dell'introito sarà effettuato ogni quindici giorni.
ART. 58. È assolutamente proibito ai tenenti-postribolo di sottoporre le meretrici ad alcuna multa per mancanze commesse, o di maltrattarle.
ART. 60. Se qualche prostituta dimostra intenzione di abbandonare il meretricio, il tenente-postribo¬lo deve tosto avvertirne il Direttore dell'Ufficio Sanitario, dal quale sarà incoraggiata ad attuare l'ideata risoluzione.
L'essere la prostituta in debito col tenente-postribolo non sarà in tal caso ostacolo alla sua uscita dalla casa di tolleranza.
ART. 71. Tutte le meretrici inscritte sono assoggettate a due visite sanitarie in ogni settimana, ossia ogni tre giorni. Le visite saranno regolarmente annotate nel registro esistente presso l'Ufficio
ART. 73. Le meretrici appartenenti ai postriboli di prima categoria, sono visitate a domicilio. Quelle che appartengono ai postriboli di seconda categoria, sono visitate presso l'Ufficio Sanitario. È però loro facoltativo di essere visitate a domicilio se corrispondono all'Ufficio la quota di lire 1,50 cadauna per ogni visita.
ART. 78. La meretrice che manca alla visita sanitaria senza averne dato ravviso all'Ufficio, sarà arrestata e presentata per essere visitata.
ART. 85. Ogni meretrice, riconosciuta da sifilide primitiva o costituzionale, o da altra malattia contagiosa sarà immediatamente inviata al sifilicomio con attestato medico indicante la natura e la sede della malattia.
ART. 88. Quando una meretrice incinta avrà oltrepassato il settimo mese di gravidanza, se viene riconosciuta sana dev'essere inviata all'Ospizio della Maternità. La meretrice che ha mezzi di sussistenza, può ricoverarsi presso una levatrice.