Storia vino Sicilia
Si ritiene che la vite crescesse spontaneamente in Sicilia prima ancora della comparsa dell’uomo sulla Terra, come dimostrano antichi esemplari fossili ritrovati alle falde dell’Etna, e che fin dal XII secolo a. C. il consumo di vino fosse largamente diffuso presso gli Elimi, che la mitologia vuole discendano dagli antichi Troiani, rifugiatisi nella Sicilia Occidentale dopo la distruzione di Troia nel 1184 a.C.
Con la colonizzazione fenicia, e soprattutto a partire dall’VIII secolo con la proliferazione di colonie greche lungo tutte le coste siciliane, la viticoltura conobbe un periodo di straordinaria diffusione in tutta l’isola.
I Greci introdussero la potatura, la selezione varietale e la coltura ad alberello, ed impiantarono diverse varietà portate direttamente dalla madrepatria. Tra di esse ricordiamo il Grecanico e il Catarratto, che ancora oggi sono le varietà a bacca bianca tra le più coltivate in Sicilia. L’importanza della cultura della vite e del vino è testimoniata dalle ricche decorazioni sui vasi vinari, le coppe, i crateri ritrovati nelle diverse aree archeologiche di Selinunte, Agrigento, Siracusa, e addirittura da una moneta d’argento coniata a Naxos, nei pressi di Taormina, raffigurante da un lato la testa di Dioniso e dall’altro un grappolo d’uva.
Lo sviluppo della viticoltura in Sicilia si consolidò ulteriormente nel periodo romano e da qui, proprio grazie ai Romani, la vite ed il vino iniziarono il loro viaggio di adattamento ai diversi climi e condizioni ambientali dell’Europa: il vino fece per Roma almeno quanto le sue legioni nella conquista e nel consolidamento dell’Impero e fu un veicolo straordinario per la colonizzazione culturale dei popoli d’Oltralpe, dalla Francia alla Germania, dalla Spagna alle province orientali.
Si narra che il Mamertino fosse il vino preferito da Giulio Cesare, che il Faro piacesse a Plinio il Vecchio e che i vini di Triocala e di Entella venissero esportati in molte regioni dell’Impero.
Nei secoli successivi, dopo il breve declino seguito alla dominazione araba, i vini siciliani conobbero momenti di vero splendore con gli Aragonesi, che iniziarono ad esportarli in tutta Europa, ed in seguito con i Borbone. Fu proprio nel periodo dei Vicerè, alla fine del ‘700, che nacque il Marsala e con esso i vini siciliani sbarcarono nelle Americhe. Alla fine dell’800 i vigneti furono decimati dalla fillossera, che distrusse quasi il 70% del patrimonio viticolo europeo: il reimpianto durò oltre mezzo secolo, fino alla sua totale ricostituzione negli anni ’60.
trasporto vini
…i primi rappresentanti…
Da allora, l’enologia siciliana ha vissuto un periodo di grande sviluppo, abbandonando progressivamente le produzioni di massa ed orientandosi sempre più alla elaborazione di vini di qualità: dapprima con la sperimentazione sui vitigni internazionali (Chardonnay, Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah), e negli ultimi dieci anni con la riscoperta e la valorizzazione delle varietà autoctone più interessanti. Oggi sono un centinaio i vitigni autoctoni siciliani selezionati e catalogati: di questi, almeno una ventina sono in grado di dar vita a vini di qualità eccezionale. Tra le uve a bacca rossa, oltre al Nero d’Avola– ormai conosciuto in tutto il mondo – ricordiamo il Nerello Mascalese e Cappuccio, il Frappato, l’Alicante, il Perricone, la Nocera, mentre tra le varietà a bacca bianca, oltre alla splendida Inzolia (e a Grecanico e Catarratto di cui abbiamo parlato prima), sono da segnalare il Carricante, la Malvasia di Lipari, lo Zibibbo, il Moscato di Siracusa e il Grillo.
Queste varietà uniche, molte delle quali ancora sconosciute, rappresentano uno straordinario patrimonio ampeleografico e culturale, che ha attraversato i secoli e rende la Sicilia l’Isola del Vino per eccellenza.
Direi basta così con la lezioncina di Superquarkiana memoria! Questo è stato il massimo di quello che sono riuscito a sintetizzare, lo assicuro.
Un testo che a tal proposito mi sento di consigliare è Vino al Vino, che con lungimirante attenzione da parte del futuristico, al tempo, Mario Soldati (spesso dimenticato!), vengono descritte senza troppi linguaggi e termini moderni incomprensibili, le bellezze e le innumerevoli possibilità che offre questa Terra. La Sicilia.
Le potenzialità che offre oggi il settore dell’enologia alla Sicilia sono molteplici e benefiche; negli ultimi anni in particolare si sono aperte vere e proprie prospettive fondate sul turismo enologico… basti pensare a quante aziende nell’arco degli ultimi 10-15 anni, hanno trovato la via dell’export diretto con gli Stati Uniti e con il mondo asiatico, giusto per nominare solo due dei mercati internazionali. Per fare un esempio molto, ma molto spicciolo: passeggiando per le vie di New York piuttosto che di Londra o Monaco di Baviera, a chi non è capitato di imbattersi in negozi o trattorie/ristoranti italiani (purtroppo spesso riconoscibili da carnevalesche tovaglie a scacchi bianche e rosse!)?.
… Little Italy, New York…
… Little Italy, New York…
Oppure in bistrot, wine bar… cos’è che in queste attività non manca mai? Vino siciliano! Un bel Nero d’Avola o una lucente Inzolia spesso sono in bella vista!…Bravi! Proprio quelli affianco al classico fiaschetto in paglia! Questo largo consumo (e quindi produzione) di vino siciliano, ha purtroppo il rovescio della medaglia…quantità o qualità? Producendo così tanta uva, è, in moltissimi casi (ma fortunatamente non tutti!), inevitabile che una parte della produzione di vini-vitigni-uvaggi non rispecchi le originali caratteristiche organolettiche, deviando così (spesso irreparabilmente) il gusto e le reali emozioni che può trasmettere un Grande vino Siciliano…
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