Siracusa Paleogeografia
Paleogeografia di Siracusa e cenni di urbanistica antica: influenze sulla città moderna
Roberto Mirisola - Geologo, professore di scuole superiori
Premessa
Il mio intervento, per la vastità di temi territoriali analoghi ad argomenti che in seguito verranno da altri relatori trattati, si riferirà soltanto e in breve alla Paleogeografia di Siracusa, risultato del lavoro di confronto fra i dati deducibili dai documenti stratigrafici e dati storico- archeologici per una ricostruzione geografico-fisica del periodo storico della colonizzazione greca (VI1I-V sec. a.C.). Di conseguenza si accennerà, sempre sulla base di precedenti pubblicazioni, alla relativa Topografia e Urbanistica Antiche.
Prima sarà però necessario, per una successiva e migliore comprensione anche da parte di altre discipline, sintetizzare fondamentali notizie di geo-tettonica ed evoluzione recente del vicino territorio su cui insiste Siracusa.
L'esposizione del mio intervento proseguirà, nello spirito di questa giornata di studi, facendo rilevare le relazioni della Paleogeografia e Urbanistica Antica con le ricerche di Storia e Archeologia e con le problematiche Tecnico-Ingegneristiche che derivano anche dalle influenze negative del sottosuolo sul tessuto dell'attuale Siracusa.
Pertanto alla fine si avanzeranno conclusioni e proposte per una più corretta pianificazione della città moderna.
Cenni di geo-tettonica
L'area iblea è una struttura che costituisce parte delle propaggini settentrionali emerse dalla Placca Africana (avampaese del blocco pelagiano) che, nell'area mediterranea e quindi in Sicilia. continua attualmente a scontrarsi con la Placca Europea provocando numerosi e disastrosi terremoti. Si sono così delineate, a partire dalla fine del Pliocene, strutture di collasso, con articolazioni piuttosto complesse, come la scarpata ibleo-maltese, con le subparallele e lunghe faglie di Monte Tauro - Siracusa - Penisola della Maddalena, che costituiscono attualmente le principali strutture di fragilità e discontinuità della crosta terrestre nel Mediterraneo.
In questo quadro, con fitto reticolato di faglie e fratture e con le numerose altre strutture di collasso che ne derivano, quella che coinvolge immediatamente, anche se a largo raggio, la grande pianura che va da NW gira intorno a Siracusa, è il "Graben dell'Anapo".
Si tratta di una struttura di sprofondamento. venutasi a definire nel Pleistocene inferiore (intorno a 2 milioni di anni fa), compresa all'interno dell'arco Solarino-Cassibile-Siracusa che è determinata da due sistemi di faglie a prevalente direzione NNW-SSE e NW-SE che interessano le rocce, prevalentemente carbonatiche del secondario e vulcaniche del terziaro nel substrato.
In questa grande struttura ne ricadono alta* più o meno rilevate ed estese fra le quali nella nostra zona costiera gli "horst" (alti strutturali > di Santa Panagia, di Cozzo Pantano e quelli contrapposti della Maddalena e di Ortigia.
Il "graben" dell'Anapo suddetto, dalla sua nascita ad ora, ha sempre condizionato l'evoluzione paleogeografica della zona essendo stato sede di un grande paleogolfo dove il mare del Quaternario ha trasgredito e regredito diverse volte con modalità connesse a fenomeni eustatici e tettonici. Si sono così depositati successivamente sedimenti arenacei e argillosi che man mano hanno colmalo le aree più depresse e ricoperto in parte quelle più rilevale come quelle prevalentemente carbonatiche del Miocene del Plemmirio (Maddalena) e di Ortigia.
Da questo momento il mare si ritira a scatti, come si può ben apprezzare osservando da Belvedere le lince di costa "a gradinata" sulla punta meridionale del Monte Climiti (toponimo geomorfologico), e solamente alla fine del Pleistocene superiore ("Tirreniano") si ha la definitiva emersione della pianura siracusana con le contrapposte Isola di Ortigia e Penisola della Maddalena dove si dovrebbe istituire per motivi naturalistici una Riserva Terrestre a protezione della esistente Riserva Marina.
Dall'Olocene (intorno a 12.000 anni fa) il mare sta trasgredendo di nuovo e la geografia del nostro territorio, anche per variazioni climatiche, si va man mano a modificare sensibilmente nel tempo.
Con l'innalzamento del livello del mare insieme a quello di base della ridotta fascia costiera si e avuto in conseguenza il progressivo deposito di sedimenti col colmamento di fiumi ed aree depresse.
Ciò è testimoniato a Siracusa dal rinvenimento subacqueo di vari resti sommersi, a partire dal periodo greco, nei Porti, Grande e Piccolo e lungo il perimetro di Ortigia: grandi conci di moli e fortificazioni, tracce di fondazioni di edifici e di stabilimenti, resti di arsenali, etc.
Cosi similmente nella vicina Penisola della Maddalena si ritrovano di quel periodo sommersi syloi, resti di mura, cave di pietra sommerse.
L'innalzamento marino (circa 2 m), amplificato dal generale abbassamento della costa sud-orientale, e stato complessivamente calcolalo fra l'isola di Ortigia e la Penisola della Maeldalena "mediamente" intorno a 5 m a partire dall'inizio della colonizzazione greca ( VIII sec. a.C.): quindi. utilizzando tale batimetrica fra quelle rilevate dal subacqueo G. K apitan è stata tracciata la linea di costa antica.
Nel contesto la paleogeografia di superficie, considerando il livello di base più basso, è stata delineata trovando il riscontro in profondità sia nei rinvenimenti archeologici sia nei sondaggi geognostici.
Altri dati a supporto sono state le notizie ingegneristiche sulle fondazioni, anche dal secolo precedente (ARCHIVIO DI STATO), e alcune informazioni di imprese di scavo e di privati.
La così ricostruita Paleogeografia (Fig. I ) ha costituito poi la base per lo sviluppo di altre ricerche storiche per l'assetto territoriale e urbanistico di Siracusa.
Sono stale cosi schematizzate diverse (Carte paleografiche urbanistico-militari come quella illustrata in Fig. 2 dove si e voluto evidenziare in sintesi, quanto segue:
- ORTIGIA, una volta isola (nesos) è più estesa sopratutto nella sua parte orientale, è stata condizionata nella sua evoluzione morfologica e poi nel suo sviluppo urbanistico e militare, dall'alto strutturale calcarenitico (horst) delimitato e attraversato da un fascio di faglie, con direzione NNW-SSE e secondariamente E-W e ENE-WSW. che hanno determinato sulla parte sud orientale dell'isola, inclinala debolmente verso EST, almeno due ordini di terrazzi degradanti verso il mare.
Gli insediamenti abitativi dei greci si sono cosi adattati alla suddetta morfologia tettonica di Ortigia e, rispettando le principali aree cultuali indigene, ( piazza Duomo via Minerva), si sono allineati con la nuova rete viaria ortogonale (plateiai e stenopoi), prima impostala su fasce limitate dalle faglie principali.
Tulio ciò è sinteticamente simboleggialo nella Carta Urbanistica (Fig. 2) dalla grande taglia del Foro Italico, sotto la muraglia del Passeggio Adorno, e dallo stesso allineamento viario dei templi greci del V- IV sec. a. C.).
(Fig. 2)
-AKRADINA, quartiere contrapposto all'isola di Ortigia e ad essa presto collegala da un argine di pietre, è costituita da un "horst" di solida roccia calcarenitica (Pleistocene medio sup.) allungato verso NW e limitato ai fianchi dal mare e da due paludi.
Fu subito abitala e fortificata, poi sede strategica dei tiranni, perche indispensabile come collegamento con l'entroterra per la strozzatura limitala da terreni paludosi all'inizio di Ermocrate: il quartiere era perciò attraversato da una larga e lunga strada bloccala alle estremità dalla Porta di Ortigia e da quella, interna alla prima necropoli arcaica, detta appunto di Akradina, ( Piazzale Stazione FF.SS.).
-LE PALUDI, fra quelle ora scomparse per interramenti e per bonifiche, si trovavano, come su accennalo, immediatamente a ponente e a levante di Akradina.
Ritrovale con sondaggi geognostici, vengono identificate dalle fonti antiche con la periferica Lisimelia, (Contrada Pantanelli), alimentata da un piccolo fiume proveniente da Contrada Tremilia e dalle piene dell'Anapo, mentre la Palude Minore, alimentata per lo più da un piccolo fiume orientale (in parte sotto il viale Cadorna), era interna alla citta ed ora si trova sepolta sotto le costruzioni. Viene ricordala da diversi autori come la mitica palude Syrako che diede il nome all'antica Siracusa, (Figg. I -3).
(Fig. 1)
(Fig.3)
- IL PORTO MINORE, molto più grande dell'attualo Porto Piccolo, con il Porto Grande sede di flotta e arsenali militari, è stato strategico e vitale per l'antica Siracusa. Infatti Cicerone (70 a.C.) ricorda, parlando del Porto Minore e della conquista romana (via terra) di Siracusa, come «Tum e nostris classibus et carthaginiesium clausus fuisset» ( Verr. IV. 52) in quel tempo (il Porto Minore) fosse inaccessibile alle nostre flotte e dei Cartaginesi. Il Porto Minore allora nella sua parte orientale più esterna doveva essere protetto da due promontori, i cui relitti sono rappresentati da bassifondi e dagli scogli di S. Lucia, che fortificati dovevano anche avere l'imboccatura stretta con due moli artificiali.
La parte più interna dell'antico Porto Minore, sede delle numerose navi e degli arsenali militari, era chiamata lakkios: ristrutturato e fortificato, dopo la parziale bonifica della palude Syrakò doveva però sfruttarne le acque di alimentazione inoltrandosi molto nella città, rispondendo cosi bene a quanto riferito dalle fonti storiche.
Anche l'interno lakkios era "chiuso" da due moli fortificati (affiancati poco ad W di quelli attuali ) che ne restringevano e controllavano l'ingresso che si dovrebbero ritrovare poco ad W dei moli foranei dell'attuale Porto Piccolo. (Fig. 2). Quest'ultimo è ora molto interrato ma, come risulta da sondaggi geofisici e geognostici, a partire dal periodo greco il fondale era percorso da un profondo canale, proseguimento naturale di quello sgombro e più esterno agli attuali moli foranei, dove potevano entrare navi anche grandi e di relativo pescaggio.
Il Lakkios deve essere stato sempre meno attivo dopo la fine dell'Impero Romano, quando si dovette poi interrare quasi del tutto anche per i cambiamenti climatici: questo sarà probabilmente avvenuto per abbandono e inefficienza di un sistema di drenaggio naturale e regolamentato dei corsi d'acqua (ex Syrako). cessato il quale i sedimenti non vennero più trasportati al largo.
Riscontri geo-archeologici alle antiche trasformazioni urbanistiche
Siracusa, dopo la conquista romana, subisce una involuzione ma nel periodo imperiale (con Augusto e Caligola) viene restaurata, ristrutturata e ripopolata.
Opere note di questo periodo sono il Teatro, l'Anfiteatro e un ponte, probabilmente di legno, per l'apertura di un canale che fa ritornare Ortigia un'isola.
Questo canale verrà colmato dagli Arabi (fine IX sec.) e infine riaperto con un ponte raddoppiato dagli Spagnoli che, con altri due nuovi canali tagliali nella zona "umbertina, realizzano la fortezza di terra voluta da Carlo V (XVI-XVII sec.).
I.a fortezza (poi borbonica) con le sue mura e porte, è stata demolila e i due canali a NW colmati: cosi dopo l'unità d'Italia resta solo il canale della Darsena (articolato col Rivelino dei "Cala!afari) e su corso Umberto, con un "nuovo" ponte vicino all'antico, si ergono ora gli alti palazzi novecenteschi.
Questa trasformazione urbanistica è esemplificativa per altre che, oltre eventi catastrofici (sismi), si sono altre volte ripetute con altri conflitti e denominazioni.
L'entità di tali trasformazioni può essere colta dal grande spessore di stratificazioni e/o "materiali di riporto" in zona (appresso definite "anomale") che. per demolizioni, crolli e spianamenti, si riscontrano nei sondaggi geognostico che si intravedono per scavi archeologici in diversi punti della città.
I sondaggi geognostici ci fanno capire le situazioni "anomale" di Siracusa. Ad Ortigia un largo margine costiero della Darsena, da dopo la Porta "Marina', lungo V.le Mazzini - Riva Garibaldi sino a Riva Nazario Sauro e il lungomare di levante, è artificialmente costituito da materiali di risulta per gli ampliamenti urbani e militari sino al periodo spagnolo.
Al centro dell'isola si è scoperta, in seguito alla ricerca delle cause per le lesioni murane di una parte del Teatro Comunale, una grande fossa tettonica o "graben". Esteso a N e S di Via del Teatro e nella vicina Piazza S. Giuseppe, è delimitato dalle ricordate faglie sub-ortogonali di Ortigia (NNW ed E-W) e colmalo da un elevato spessore (circa 20 m) di terreni di riporto su argille.
Nella zona umbertina, nell'angolo fra i Viali Regina Margherita e Montedoro. non si riscontrano più salde rocee pleistoceniche (calcareniti) ma un profondo spessore di terreni di riporlo storico su sedimenti lagunari.
Ancora più a nord (Largo Gilippo - Piazza Euripide) sono già stati esaminati nella Paleogeografia i sondaggi (già illustrati in Fig. 5) che rivelano l'esistenza già ricordata della interna Palude Minore (Syrako). con la sua stretta articolazione diretta verso la Stazione e il Teatro antico.
(Fig. 5)
- Anche gli scavi archeologici in città ci possono far apprezzare i colmamenti e le successioni di stratificazioni storiche, variabili per spessore, in diverse zone della città.
Percorrendo un itinerario a ritroso dal settentrione di Piazza Euripide (fra gli antichi quartieri di Neapolis e Tyke in Fig. 2), si può osservare come gli scavi di Piazza della Vittoria arrivino in profondità rispetto al piano stradale. Meglio ancora poco più a nord, presso (e dentro) il Santuario della Madonnina della lacrime, si vede da vicino la notevole stratificazione dei vari periodi storici: greco (arcaico-ellenistico). romano, bizantino.
Il Santuario e la Piazza suddetti, in antico, erano anche attraversati da un piccolo fiume orientale, discendente per il Viale Cadorna (ex Canale S. Giorgio), che alimentava l'ex Palude Syrako e poi sfociava nel Porto Minore.
Questo rilievo è importante perché anche altre sorgenti di minori corsi d'acqua sono oggi ancora occulte e attive in quella zona (corso Tìmolconte) e alimentano una falda sotterranea che scendendo compromette le fondazioni delle costruzioni.
Queste ultime potrebbero essere poi messe in pericolo, in caso di sismi, da spessi terreni di riporlo e dalle cavità in parte inesplorate di ipogei e di catacombe anche periferiche di Piazza S. Lucia e di S. Giovanni dove, a sud e poco a nord-est sono state edificate altre abitazioni.
Un'altra zona "anomala" è l'area a N della Stazione ferroviaria dove, presso la costruenda Fossa di lavaggio e all'altezza di Via Brenta, sono rimasti visibili in profondità resti archeologici greci allineati verso NE (strade e costruzioni) per collegare la zona di Corso Gelone con quella connessa al Piazzale della Stazione (Porta Arcaica).
La zona è significativa per situazioni analoghe poiché, per concentrazione estesa nel sottosuolo di numerosi e grandi blocchi calcarei antichi giustapposti, vengono lì alterate le indagini geofisiche del substrato.
Nella Piazza stessa della Stazione, ad esempio, è stata di recente (anno 2000) scoperta, dalla profondità di circa 2 m. una antica e larga strada lastricata romana, sovrapposta a quella greca. Da noi già ipotizzata come via Elorina, era diretta e allineata con i simili resti messi in evidenza nei "villini" del Foro Siracusano (lato N Palazzo Provincia).
l,a strada, molto lunga e larga ben 11 m. è diretta verso l'inizio di Via Malta e proseguiva ancora per collegarsi in Ortigia presso la Porta Dionigiana (scavi Via XX Settembre): per tale straordinarietà può quindi probabilmente essere identificata anche come la vìa lato e perpetua di Cicerone.
Qui. vicino, lungo Via dei Mille, altri recenti scavi archeologici (200) hanno trovato il sovrapposto (a partire da 1.70 m) ristrutturamento romano di una banchina portuale.
Vicino e al di sotto (-5 m), all'angolo NE di via Chindemi, è stata quindi rinvenuta la base di una Torre greca collegata, in sistema difensivo, con la vicina porta fortificata Porta dionigiana di via XX Settembre.
È importante ricordare questo scavo, oltre per il valore archeologico-urbanistico., come altro esempio significativo di anomalie geo-archeologiche. Infatti lo scavo è dovuto via via proseguire alla ricerca del substrato sino a interrompersi per pericolo di crollo già a circa 3 m sotto il livello del mare rinvenendo sotto la base della torre una successione di grosse pietre calcaree.
L'opera di fondazione é di origine greca e, per l'evidente difformità con le caratteristiche dei terreni di riporto nelle banchine limitrofe, doveva rappresentare molto probabilmente, ancora come con il Prof. Polacco ho ipotizzato, parte dello stabile collegamento artificiale dell'isola di Ortigia ad Akradina., come ricordato da Ibico nel VI sec. a.C..
Sul margine N dell'isola, recenti e profondi scavi in Piazza Cesare Battisti (diretti dalla dott.ssa B. Basile) hanno messo in luce i resti medievali del Forte (Casonava poggianti su altri resti di fortificazione probabilmente bizantina, forse all'inizio greca.
In Ortigia si devono infine considerare le influenze negative su nuove costruzioni e/o ristrutturazioni edilizie che possono avere le numerose cavità antropiche di tutti i periodi.
È il caso del Quartiere della Giudecca con ipogei e ampliamenti ebraici (ad es. pozzi, stanzoni e gallerie a S. Filippo) in uso sino alla line del XV secolo (Figg. 4-a e 4b).
Siracusa, angolo via Chindemi
Influenze geotettoniche. paleogeografiche e delle trasformazioni urbanistiche sulle strutture della città moderna
Riassumendo, la morfologia moderna di Siracusa, per bonifiche, per insediamenti umani medievali e recenti, è mollo diversa da quella antica: paludi, fiumi e strutture portuali sono quasi scomparsi.
Ad esempio l'alto strutturale di Ortigia (alternanza calcarenitico - ruditico marnosa del Miocene sup), naturalmente reso meno ripido a nord per l'addossamento dei depositi arenaceo-argillosi del Pleistocene, è slato poi livellato sempre più da successive trasformazioni antropiche sulle discontinuità tettoniche delle faglie dominanti (NNW-SSE. E-W o ENE-WSW) e sui rigetti dei relativi terrazzamenti orientali.
Le suddette trasformazioni urbanistiche però sono state molte volte, come detto, anche una conseguenza per crolli in seguito a sismi: sono seguite demolizioni dopo riutilizzazioni murarie, spianamenti e colmamenti che costituiscono spesso il substrato edilizio della citta moderna.
A tal proposito è importuno ricordare, a circa un mese dal recentissimo sisma d'Abruzzo, il recente e già dimenticato terremoto di S Lucia (13-12-1990) che pur di non alla intensità (VII M C S) tuttavia ha prodotto gravi danni in alcuni Comuni della Provincia (Carlentini, Augusta e Brucoli soprattutto) e a Siracusa, ma questa stranamente solo in alcune zone.
Nel capoluogo solo in alcuni casi i danni del terremoto possono attribuirsi al movimento di faglie che numerose attraversano la citta, come quella attiva che passa trasversalmente sotto il Ponte umbertino presso la piattaforma del Rivelino prima responsabile dei dissesti che successivamente hanno portato alla sua ristrutturazione, ma la selettività dei danni agli editici solo in alcuni punti o zone del tessuto urbano è rimasto problematico ed inspiegabile.
Ma coordinando dati, studi e ricerche si arriva alle seguenti soluzioni.
Le abitazioni disastrate a Siracusa, a prescindere dalle qualità costruttive, sono in planimetria distribuite principalmente in due zone: nell'alta zona "umbertina", con pochi casi: tra i quartieri della Borgata e Neapolis. con molta concentrazione.
Le cause principati di questa non casuale distribuzione si devono invece attribuire alla diversa risposta sismica dei terreni sottostanti a quelli di fondazione che attraversati dall'onda sismica, per le insospettate caratteristiche fìsiche hanno risposto selettivamente amplificando le frequenze del terremoto di S. Lucia.
Le abitazioni colpite, entrate in "risonanza", infatti, ricadono:
- nella zona umbertina sopra al margine dei colmamenti (fine '800) degli ex canali spagnoli e per altro forse allineati presso la faglia ipotizzata precedentemente con direzione WSW (nota 18) all'imboccatura dell'attuale Porto piccolo;
- nella zona Borgata - Corso Gelone, concentrate in gran numero e in stretta corrispondenza con l'area della vasta palude Syrako poi bonificata e ristrutturata (Lakkios) come si può vedere dal confronto tra la Fig. 3 e quella redatta dal geom. Bongiovanni" (Fig. 5). Le poche altre costruzioni al di fuori del limite paludoso possono essere state disastrate, se non da altre cause, per riflessioni e rifrazioni delle onde sismiche che hanno dato luogo a fenomeni di interferenza.
Si consideri che in periferia di Siracusa, nella sede dell'ex Palude Lisimelia. ora Contrada bonificata dei Pantanclli, non si è a conoscenza di notizie ma anche lì, per analogia, si possono avere conseguenze simili a quelle su citate con fenomeni di "liquefazione".
Conclusioni e proposte
Da quanto prima esposto appare chiaro come la paleogeografia, con la ricostruzione a Siracusa dell'assetto territoriale nell'età greca arcaico-cIassica raggiunta per integrazione reciproca fra geologia e archeologia storica, sia poi utile per conoscere come gli elementi del paesaggio umano di allora si adattarono (topografia e urbanistica) alla locale conformazione fisica.
Quest'ultima, poi, è oggi molto diversa per le successive trasformazioni urbanistiche e per i disastrosi terremoti nei vari periodi storici.
In conseguenza di ciò sotto il suolo della città moderna si ritrovano numerose zone che, come descritto prima, presentano "anomalie" locali per coperture variabili sia negli spessori sia nelle varietà tipologiche: terreni di riporto, litologie con limi argillosi organici nerastri, stratificazioni o resti archeologici, cavità.
Fra queste varie zone anomale rientrano le faglie occulte, le sedi di paludi e lagune scomparse per antiche bonifiche e canali profondi colmali nella storia recente. Tutti possono provocare, in particolari zone della città, un'amplificazione nella risposta a sismi pur di non alta intensità con gravi danni alle costuzioni e alle persone.
Queste ultime conseguenze mettono infine in relazione la geologia generale, oltre che con l'archeologia storica già legata alla paleogeografia, soprattutto con le programmazioni e le problematiche di piccole e grandi opere ingegneristiche.
In conclusione poiché risulta necessario per tutte le suddette discipline realizzare un quadro più "approfondito" della città, individuando le suddette coperture profonde insieme al substrato geologico, si propone quanto segue:
- le indagini geognostiche coordinate con quelle geofisiche, dovrebbero essere eseguite, anche per brevi distanze, caso per caso e a volte accurate nella sedimentologia in collabora zione con la Soprintendenza;
- i risultati ottenuti, con quelli del passato, in città come in provincia, devono costituire un patrimonio per tutte le discipline interessate che dovrebbero essere depositate obbligatoriamente in una banca dati custodita presso l' A.geo.sir. o da questa gestita insieme ad altro uflicio pubblico.
- infine per una corretta e responsabile pianificazione territoriale di importanti opere pubbiche e per programmi di protezione civile, e comunque indispensabile e "vitale" far eseguire, da Comune e Provincia col sostegno della Regione, la microzonazione sismica di Siracusa e dei centri più significativi del suo territorio ad alto rischio di terremoto, come sta facendo l'I.N.G.V. (Istituto Nazionale di Geofìsica e Vulcanologia) per i paesi a rischio geo-tettonico dell'Etna e come già è stato fatto dall'Università nella vicina città di Catania.
Tale indagine geofisica sarebbe anche molto importante per individuare alcune zone a maggior rischio.
Si potrà.così, programmare nel P.R.G. la destinazione di aree per particolari opere pubbliche e, nel tessuto edilizio esistente, si dovrà realizzare subito l'opera di prevenzione accelerando gli interventi di ristrutturazione e di adeguamento antisismico per salvaguardare in tempo con le costruzioni vitali e nevralgiche anche il patrimonio dei Beni Archeologici e Culturali di Siracusa, per altro Sito U.N.E.S.C.O.