fiume Anapo
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Le diverse etimologie accadiche dell'Anapo
L'Anapo era noto anche con gli appellativi di Kainos e Palaios, secondo Vibio Sequestre (una fonte tarda e ritenuta poco attendibile). Sembrerebbe che con questi nomi si volessero esprimere i concetti antitetici del nuovo, recente gr. Kainos e dell'antico, vecchio gr. palaios. In merito ci domandiamo. Ma per un fiume che vantaggio si può avere da queste puntualizzazioni? Riteniamo che siano più adatte al nome di una città, di un ponte o comunque di manufatti più che aspetti geografici-naturali. Invece, è preferibile pensare in modo più logico, a due diverse caratteristiche del corso d'acqua, riscontrabili in due tratti differenti dello stesso suo percorso.
In accadico Kainu = 'stabile, fermo', riferito che in una zona scorreva sereno o tranquillo. Palasu = 'irrompere' e fa riferimento con palu-asu 'violenza della sorgente, collegato a qualche tratto dove il fiume riemergeva da qualche inghiottitoio.
Procedendo per Cassibile, a sud di Siracusa, troviamo la foce dell'Anapo, in gr. antico Anapos, che scaturisce sotto monte Lauro da una moltitudine di rigagnoli d'acqua nella contrada Guffari (pare che se ne contano 360), essi sgorgano dal tufo basaltico e si disperdono per evaporazioni ed assorbimento del suolo.
La cava del fiume univa la costa siracusana a quella camerinese tramite il nodo del m. Lauro, per un certo periodo ne segnava i confini meridionali. Le acque di questo corso d'acqua hanno a tutt'oggi la caratteristica di scomparire e ricomparire in inghiottitoi carsici.
Ritornando alla questione etimologica molti linguisti si sono espressi con proprie interpretazioni, qui ne evidenziamo due, che a nostro parere appaiono le più serie.
Una è quella sostenuta dal Pellegrini e dallo Zamboni, riconduce all'indoeuropeo ap = acqua, giudicato illirico dalla scuola del Krane, ed all'antico indeur. apah = acqua.
La seconda è quella sostenuta dai sostratisti, che lo spiegano con la base mediterranea napa/nepa = corso d'acqua, con la a- protetica.
Secondo moderne considerazioni è reso comprensibile con l'accadico ain-apu il fiume delle alture o meglio, che scende dalle alture.
Brevi cenni storico - geografici di Giuseppe Piccione
Tra i comuni di Sortino, Ferla, Cassaro, Buscemi e Palazzolo Acreide, la cosiddetta zona montana della provincia di Siracusa, si snoda in mezzo ad una natura di incontaminata purezza la suggestiva vallata del fiume Anapo, importantissima sia da una punto di vista naturalistico che paesaggistico e dichiarata, nel tratto della vecchia linea ferrata Siracusa - Ragusa - Vizzini, di notevole interesse pubblico.
L’Anapo il cui nome, di origine greca, significa invisibile, nasce nel territorio di Palazzolo Acreide dalle sorgenti di Guffari sul Monte Lauro, la cima più alta dei monti Iblei (mt. 986 s.l.m.), famosi nell’antichità classica per il loro miele (anche allora ricchi di cespugli di timo selvatico, il miglior pascolo per le api), e dopo circa 40 km, attraverso le gole di Pantalica e tutta la suggestiva vallata che dal fiume prende il nome, scende per l’irrigua pianura di Siracusa attraverso il Pantano Grande (la antica Syraka), ora prosciugato, e si versa nelle acque del Porto Grande di Siracusa a fianco del Ciane, piccolo e breve fiume che, alimentato da una fonte della stessa acqua dell’Anapo, è conosciuto in tutto il mondo per il papiro che cresce spontaneamente lungo le sponde.
mappa mulini Anapo tratta da un disegno del 17 Maggio 1785 rielaborata da Ermanno Adorno nel 2015
L’acquedotto Galermi
Le acque dell’Anapo, assieme a quelle di piccoli affluenti quali il Bottiglieria, il Ciccio ed il Costa Giardini, furono utilizzate e sono tuttora utilizzate per risolvere i problemi dell’approvvigionamento idrico per uso potabile ed irriguo di Siracusa; infatti sin dalla colonizzazione greca il canale di Galermi, un lungo acquedotto costruito in massima parte in gallerie scavate nella roccia, adduceva le acque sino alla vasca di distribuzione sita a Siracusa in contrada Teracati.
La sua costruzione si fa risalire a Gelone il quale, secondo la tradizione, utilizzò in buona parte come manodopera i Cartaginesi vinti nella battaglia di Imera nel 480 a.C. e fatti schiavi.
Le difficoltà incontrate dai progettisti nello studio e nella costruzione del canale Galermi furono notevoli.
Infatti occorre tenere presente che la zona attraversata dal canale è impervia, difficilmente praticabile ed interrotta da profondi burroni e dalle montagne.
Il luogo di presa delle acque fu originariamente stabilito nel rio Bottiglieria, vicino alla sua confluenza con l’Anapo, mentre attualmente è situato sull’Anapo in contrada Fusco di Sortino
Il primo problema da risolvere fu quello di mantenere, compatibilmente con gli ostacoli naturali del terreno, il tracciato e la pendenza necessaria per giungere sino alla vasca di distribuzione.
Questo problema venne risolto con il sistema dei pozzi, cioè venne fissata esternamente la loro ubicazione e successivamente venne eseguito lo scavo sino alla profondità voluta stabilendo in tal modo tanti punti fissi che determinarono la pendenza del canale sotterraneo e quindi dal fondo dei pozzi si scavarono i bracci delle gallerie tra di loro compresi.
Tale tecnica di costruzione è peraltro confermata da deviamenti e gallerie, poi abbandonate, dovute ad errori di direzione in cui incorsero gli scavatori.
I pozzi sono tuttora esistenti ed è possibile accedervi mediante delle caratteristiche scalette scavate nella viva parete.
Il canale, che nella maggior parte del suo corso segue quello dell’Anapo mantenendosi per la sua pendenza ad una rilevante altezza rispetto al letto del fiume, ogni volta che incontra un vallone d’erosione lascia la sponda del fiume e segue l’andamento del vallone.
Tali deviazioni, quindi, che secondo l’ampiezza del vallone arrivano anche a lunghezze di alcune centinaia di metri, sono numerose e allungano in tortuosi giri il corso del canale.
Per lo scavo dell’alveo in roccia oltre che allo scalpello sembra che si sia usato il cosiddetto sistema del calcinamento e cioè l’accensione di grandi fuochi che, specialmente nei tratti in galleria, riscaldavano la roccia rendendone molto più semplice il taglio.
Nel secolo scorso il canale veniva chiamato saja (che in dialetto siciliano indica un canale in terra o in muratura che conduca acqua per irrigazione) della Bella Femmina.
Il nome Galermi, infatti, è stato dato recentemente, creando peraltro confusione con l’acquedotto del Ninfeo lungo circa 1000 mt, detto anche Galermi, che, partendo dal pozzo De Franchis, sito alla traversa Pizzuta, nel territorio di Siracusa, sbocca al di sopra del Teatro Greco.
Il canale Galermi, opera mirabile dell’ingegneria idraulica greca, è attualmente di proprietà demaniale ed è tuttora utilizzato per scopi irrigui.
E’ possibile percorrere le gallerie, scavate nella roccia viva, che costituiscono uno degli aspetti più interessanti della valle dell’Anapo.
Il fiume Anapo nella letteratura
Il fiume Anapo, notissimo presso gli antichi e sulle cui rive - ha scritto G.A. Borghese - l’Arcadia Primigenia risuscita e trova la sua parola, le favole scendono agli uomini, ed essi senza fatica, quasi librandosi van loro incontro, è stato cantato da poeti e ricordato da storici di ogni periodo come Tucidide, Plutarco, Livio, Eliano, Silio, Ovidio che nelle Metamorfosi narra del mito di Anapo a Ciane, canto di amore fra gli elementi della natura, cantato anche da D’Annunzio nelle Laudi.
All’inizio il fiume è povero di acque che però aumentano grazie all’apporto di numerosi affluenti che, alimentati da molte sorgenti perenni, si trovano quasi tutti nel tratto di fiume che attraversa la valle compreso tra l’origine e la confluenza del rio Costa Giardini in contrada Fusco nel territorio di Sortino.
La linea ferrata
Un lungo sentiero bianco percorre l’intera valle dell’Anapo a mezza costa ora da un lato, ora da un altro: è il vecchio tracciato della linea ferrata a scartamento ridotto Siracusa - Ragusa - Vizzini che, partendo dalla stazione di Siracusa Nuova, vicino alla stazione centrale e dopo le fermate di Cifali (km. 5,2) a servizio di contrade rurali, di Giustiniani (km. 9,2) in aperta campagna ed adiacente al passaggio a livello sulla S.S. 124, di Floridia (km. 13,4), di S. Paolo Solarino (km. 17,8), risaliva, sorpassando il vallone Bernardo, la valle, giungendo alla stazione di Sortino Fusco (km. 28,5), da dove ripartiva su un tracciato tortuoso attraverso la valle strettissima e, scavalcando tre volte l’Anapo, giungeva alla fermata di Necropoli Pantalica (km. 32,5).
Giuseppe Agnello scrisse che è dopo la stazione di Sortino che la valle diventa sommamente pittoresca.
La linea scorre serpeggiante sugli stretti argini, fiancheggiati sempre da pareti a picco che sospendono sul capo la minaccia di grossi blocchi, fermi sui ciglioni come per miracolo di statica.
Il treno attacca faticosamente la salita, portandosi attraverso una serie di brevi gallerie, di arditi viadotti, di risvolte tortuose sulle opposte sponde del fiume, il quale ci accompagna col tenue mormorio delle sue acque ravvivato dai riflessi di una ricca vegetazione che si abbarbica capricciosa persino sugli interstizi rocciosi di burroni e delle forre profonde.
Dalla stazione di Necropoli Pantalica, nella suggestione di un ambiente eccezionale, si raggiungeva la stazione di Giambra (km. 36,1), che serviva affinché il treno potesse rifornirsi di acqua; la linea ferrata proseguiva superando le stazioni di Cassaro - Ferla (km. 42,1), di Palazzolo Acreide (km. 49,9), di Buscemi (km. 51,9) sino al bivio Giarratana (66,4), dove si biforcava raggiungendo Ragusa e Vizzini.
Inaugurata il 19-7-1915, dopo oltre trent’anni di accese discussioni (il primo progetto di massima redatto da Luigi Mauceri è del 1884), con la attivazione del primo tronco Siracusa - Solarino, la ferrovia Siracusa - Ragusa - Vizzini venne interamente attivata al servizio pubblico il 26-7-1923 e raggiunse il massimo della sua valorizzazione nel 1933, quando il Re Vittorio Emanuele III si recò, facendo uso del trenino alla Necropoli di Pantalica.
Durante l’ultima guerra la piccola ferrovia venne requisita dalle truppe alleate per il trasporto di uomini e materiali verso la roccaforte di Palazzolo che venne conquistata, con gravissime perdite, tra l’1 ed il 5 agosto 1943.
Dopo oltre quaranta anni di attività alle ore 9,30 del 30-6-1956 l’ultimo treno, cedendo il passo ai mezzi di trasporto su strada, giunse alla stazione di Siracusa Nuova.
Furono smontate e portate via tutte le traversine di legno, i binari, i bulloni e rimase solo quel lungo sentiero bianco, acquistato successivamente dalla provincia, interamente percorribile anche se con grosse difficoltà in automobile, che offre la possibilità di immergersi in un ambiente ancora integro, che ha bisogno però di essere necessariamente tutelato e salvaguardato.
L’insediamento di Pantalica
Ancora prima della colonizzazione greca, in una prima fase databile tra il 1270 ed il 1000 a.C., la valle era abitata da popolazioni che, abbandonate le piane costiere, si rifugiarono sulle impervie montagne, come testimoniano le vaste necropoli di grotticelle artificiali di Pantalica e gli imponenti resti archeologici tuttora visibili, che dimostrano l’esistenza di centri urbani abbastanza popolosi.
Bibliografia
AVOLIO G.: La ferrovia Siracusa - Vizzini - considerazioni tecniche ed economiche. Napoli, 1902.
CARELLA A.: La valle dell’Anapo e le antichità di Pantalica, a cura della S.A. per le ferrovie secondarie della Sicilia - Ferrovia Siracusa-Ragusa-Vizzini. Catania, 1939.