Neapolis Siracusa
CICERONE:Quarta autem est Urbs, quae, quia postrema aedificata est, Neapolis nominatur quam ad summam Theatrum est maximum: praeterea duo sunt Templa egregia, Cereris unum, alterum Liberae, signumque Apollinis qui Temenites vocatur, pulcherrimum et maximum. La quarta parte è quella denominata Neapolis (N.D.T.: città nuova), perchè edificata per ultima, sulla cui sommità sorge un grandissimo Teatro: vi sono inoltre due insigni templi, uno dedicato a Cerere e l'altro a Libera, ed una statua di Apollo, detto Temenite, bellissima e maestosa.
Neapolis = città nuova
Neapolis è storicamente definito il "quartiere nuovo" dell'antica polis greca e attualmente prima circoscrizione di Siracusa. Sito a nord-ovest di Ortigia, è il quartiere in cui sono concentrati i più importanti monumenti dell'epoca greca.
Il quartiere moderno è sorto sull'onda dell'espansione edilizia della città negli anni cinquanta-sessanta dello scorso secolo. Esso si è sviluppato seguendo un criterio piuttosto disordinato. Ad oggi è identificabile come il più importante quartiere economico e commerciale della città, sede di molti uffici e negozi.
Il teatro greco, il monumento più rappresentativo del parco archeologico della Neapolis
mappa Francesco Saverio Cavallari
Area archeologica della Neapolis:http://www.antoniorandazzo.it/archeologia/parco-neapolis.html
di:Gustavo Chiesi
Da Eurialo scendendo per il versante orientale delle colline, verso Ortigia, cominciavano le alte, doviziose fabbriche della Neapolis l'ultima delle città siracusane o porto di Siracusa, gareggiante per splendore ed amplitudine con Acradina ed Ortigia.
Celebre era in questa nuova città il tempio di Cèrere ; celebre, diciamo, per gli spergiuri commessivi da Dionisio, quando dopo aver giurato di non attentare alla sicurezza del governo ne alla libertà patria tradì l'uno e sacrificò l'altra alle proprie cupidigie; celebre per lo spergiuro di Calippo, il quale dopo aver giurato sull'ara della Dea, indossandone la clamide, devozione a Dione, se ne partì di là col proposito di ucciderlo, come fece, nel più breve. termine possibile; celebre infine, secondo Aristotele, per la burletta fatta alle matrone e fanciulle Siracusane da Dionisio seniore, che dopo averle invitate ad una festa in quel tempio, adorne delle loro vesti più belle, dei loro gioielli, le fece spogliare d'ogni cosa per impadronirsi di quelle ricchezze e farne denaro, giustificandosi col dire che tale era il volere di Cerere. Imilcone fece distruggere quel tempio sacro allo spergiuro ed al tradimento, e forse non fu male.
Altro tempio della Neapoli, era quello di Libera o Proserpina, del quale Cicerone nelle Verrine fa parola: superbi il Ninfeo, il Teatro Massimo e più tardi l'Anfiteatro, dei quali fra poco avremo ad occuparci.
Sotto la Neapoli, sul pendio della collina degradante verso il Porto Maggiore, s'apriva la Necropoli, costeggiante per un tratto discreto la mure Dionisee, salienti alle Epipoli. Tale a grandi linee, a volo d'uccello, s'è concesso dirlo, la impostazione, la pianta della grande città morta, quale ci è rimasta per le tramandate tradizioni e quale dagli avanzi delle sue mura, dei suoi acquedotti, dei suoi monumenti e dallo stesso andamento del terreno è facilmente dato di stabilire. Ma qui non è detto che finisse Siracusa, perché gli storici fanno fede che intorno al suo gran Porto sorgevano gli arsenali poderosi ed infinite abitazioni stendentisi fin verso la pianura di Sirago, appiedi del colle ove sorgeva il tempio di Giove Olimpio, di cui due tronconi di colonne doriche, ancor oggi, stanno a guardare il mare che si frange contro il Plemmirio; ricordanti nella loro silente solitudine una infinità di cose, dalla munificenza di Gelone che adornava la statua del nume di un manto d'oro, alla empietà ben nota di Dionisio, che di quel manto prezioso faceva spogliare il simulacro augusto, alle migliaia e migliaia di soldati di Nicia, di Imilcone, di Amilcare, di Marcello che in quei dintorni ebbero tomba, uccisi dai miasmi pestilenziali della vicina palude.
Quanta mestizia, quanta poesia emana da quei due tronchi di colonne battuti dall'acre brezza marina, su quel colle isolato, cui pochi olivi e molte erbe selvatiche coprono, allorché verso il tramonto, seduto sui basamenti loro o su qualche vicino blocco di pietra, un giovine capraio modula nel rozzo flauto, di sambuco o di cannuccia certe flebili nenie alle quali accorre la mandra brulicante fra gli sterpi e le rovine ond'è seminato il fianco del colle, da cui ogni raffica di vento che viene dal mare, porta con sé e disperde qualche atomo de' ricordi e degli avanzi dell' antica metropoli. Da quei due desolati tronconi tutto si domina: dalla punta estrema di Ortigia sul mare, all'alta, bizzarra, rocciosa, vetta di Eurialo, il Belvedere moderno.
Testo tratto da:
SIRACUSA E IL SUO TERRITORIO
Il quartiere di Temenites, prendeva il nome da un santuario di Apollo situato a ridosso del teatro, inglobato successivamente entro una nuova area urbanizzata, la Neapolis. Il complesso monumentale del teatro e dell'Ara di lerone II (e verosimilmente anche dell'anfiteatro, costruito in seguito) faceva parte, secondo l'esplicita testimonianza di Cicerone, di tale quartiere. Nella stessa zona doveva trovarsi anche il più celebre santuario di Demetra e Kore, che fu saccheggiato dai Cartaginesi di Imilcone nel 396 a. C. (Diodoro, XIV 65). Sappiamo infatti che esso era situato in un'appendice di Acradina esterna alle mura, e che poi fu incluso nel quartiere della Neapolis (dove l0 colloca Cicerone: Verrine, II 4, 119): qui venivano pronunciati i giuramenti ai quali si voleva conferire un particolare carattere di sacralità. In questa zona si apriva nelle mura una porta, che viene chiamata Temenitide dal nome del vicino quartiere (Plutarco, Vita di Dione, 29): da qui doveva uscire una via, che si dirigeva verso il santuario extraurbano di Zeus Olympios, intorno al quale era sorto ben presto un villaggio (Tucidide, VII 4). Tra le mura e il santuario è la contrada del Fusco, sede della principale necropoli arcaica e classica di Siracusa, largamente scavata a partire dal secolo scorso. Qui si trovava il sepolcro di Gelone, distrutto da Imilcone nel 596 (Diodoro, XIV 64), e forse anche 11 sepolcro di Archimede, che Cicerone localizza fuori