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Antonio Randazzo da Siracusa con amore
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la vera storia di Aretusa

cantastorie
vera storia di Aretusa
LA VERA STORIA D'ARETUSA
I vecchi SICULI, raccontavano e tutti i racconti incominciavano con le parole: cera una volta.
Questo mi fu raccontato dalla signora IRONIA diretta figlia di donna FANTASIA, discendente, insieme con INGEGNO, PENSIERO, RIFLESSIONE, RAGIONE, MEMORIA, del nobile INTELLETTO, gran dono di Dio agli uomini.
Ai tempi dei primi tempi, in una capanna a SUR-ACCO, scoglio caldo, in una viuzza, vicino a donna Giuseppina "PUDDA", abitava donna Sebastiana "IANA" filatrice, ruffiana, PARA-NINFA, per diletto, gran femmina da letto.
Tutta capanna e pagliaio, non per soldi, ma per fregola, era disponibile con qualunque forestiero di passaggio. Ascolta IRONIA, mi devi scusare, forse non ho capito bene, stai affermando che già a quei tempi a Siracusa, c'era una "puttana"? Mizzica! Precursori anche in questo furono i nostri avi, "ammapla!"
La MUSA, riprese dicendo: sei il solito linguacciuto e senza peli, questo mestiere, è il più antico del mondo, frutto del maschilismo di sempre, pensa però, a quanto bene all'umanità hanno fatto certe femmine, con la loro cosa.
Il danno è, che oggi, dalle tue parti, si prostituiscono, maschi e femmine, per soldi e potere, adesso fammi continuare, senza cambiare discorso.
Durante uno dei passaggi con i forestieri, donna Sebast-IANA, restò incinta e quando fu il tempo, partorì una figlia, che chiamò Are-TUSA.
Era un amore di bambina e Sebast-IANA, non le faceva mancare niente, anche se era "figlia della colpa".
Per addormentarla, le cantava questa ninna nanna: Figlia bella in questa capanna ci resteremo quaranta giorni, se la legge ci manda via, andremo da un'altra parte.
A Voh, Boh e boh, dormi figlia e fai la nanna.
Senti MUSA, la fermai io, mi devi scusare, ma questa è la ninna nanna che mia madre, cantava per me e per i miei fratelli, cosa mi stai imbrogliando, come può essere?
Non ti agitare, disse lei, é vero quello che dici, la ninna nanna, è l'unica cosa, che fu tramandata dai SICULI, a tua madre e a voi, perché ripetuta oralmente, da madre in figlia, e adesso fammi andare avanti con le altre strofe. Il papà è andato a caccia, a sparare l'uccellino, l'uccellino se ne volò, dormi figlia del tuo papà, figlia bella, figlia di latte povera madre che deve badarci. Aoh, mboh e mboh, dormi figlia del papà tuo. Figlia bella, la culla è rotonda, se non ti addormenti, ti prendo a botte. Aoh, mboh e mboh, dormi figlia del papà tuo. Questo continuava, fino a quando TUSA non si addormentava. Grazie IRONIA, gli dissi io, grazie, che hai cantato la ninna nanna che mi cantava mia madre, per un momento sono tornato ad essere neonato, e, dopo quel che hai detto, sono sicuro, che almeno per parte di madre, sono d'origine SICULA. Hai ragione, disse lei: a quei tempi, gli eserciti, erano composti da soli uomini, e le donne, li trovavano nei posti dove andavano, perciò tu, o solo per parte di madre, o interamente, sei d'origine SICULA, e fosti fortunato di conservare quella mentalità. IRONIA, ricominciò a raccontare: passarono gli anni, e TUSA, crebbe bella e dolce, nelle mani di lANA e PUDDA, la vicina che aiutava IANA, nei momenti che questa aveva i suoi da fare. Tutti, nei villaggi dei dintorni conoscevano i traffici di lANA, ma allora, come adesso, si faceva tutto di nascosto, perché si teneva all'onore, e nessuno ne parlava. Prima di GIUSEPPE VERDI, i SICULI, capirono che "la calunnia è un venticello", anche perché, c'era il pericolo, che le colpe di tutti, si scoprissero; già allora, le donne, comprese quelle sposate, avevano l'amante, come adesso. Passarono gli anni, e TUSA diventò una bella "pollastra", che più cresceva, e più si faceva attraente e appetibile. Spesso s'infuocava provocandole eccitamento che ne faceva scaturire la fregola, buon sangue, non mente. Ogni giorno, aveva preso l'abitudine, di rinfrescarsi nella sorgente li vicino, sdraiandosi nuda sugli scogli. Lo stesso Sole, se la rideva, nel vederla, provando piacere, nel carezzarla con i suoi raggi. Anche le quaglie, provavano piacere vedendola, a quei tempi, nella zona, volavano a migliaia, per questo Siracusa, allora, fu chiamata "isola delle quaglie". Donna lANA, femmina di mondo, tanto esperta in quel campo, accorgendosi delle fregole della figlia, chiamò PUDDA, e gli disse: Donna PUDDA, vi mando via, se brucia la vigna, PUDDA, rispondeva: IANA, non aver paura, che tua figlia non "pompa". Passò altro tempo, ma la cosa non finì così, perché le fregole, aumentarono. lANA, chiamò la figlia e le disse chiaro. Figlia mia, lo dico per il tuo bene. Anch'io fui in quello stato, e, mi finì male, stai attenta, non scherzare con le fregole, e non tifare imbrogliare da nessuno, stai accorta, perché appena ti lasci andare, ti trovi con il "paglione" bruciato. lANA, lo sapeva, che quando spunta la Luna, il "paglione" balla. TUSA, tranquillizzò la madre, e la cosa continuò come prima. Nello stesso periodo, dall'altra parte della FONTANA, in località PANTANELLI di SIRACO, un posto non molto odoroso e insalubre, abitava un giovane pescatore, quasi della stessa età di TUSA. Tutti sapevano, che era frutto di un altro passaggio, "forestiero" di lANA, e sapevano, che quando questa lo aveva partorito, se n'era sbarazzata, lasciandolo in una culla di paglia in mare. La forte corrente della sorgente, allora dalla fonte, usciva un fiume d'acqua e, non c'era il muraglione che usate oggi per andare alla marina, aveva trascinato la culla, proprio nel fiume, ai PANTANELLI. Si sapeva, da chi era stato partorito, ma lo chiamavano CIANE, "figlio di NESSUNO". Il ragazzo, era stato allevato da una famiglia di pescatori, che aveva trovato la culla. Pure il giovanotto aveva le fregole. Avendo sentito parlare delle bellezze di TUSA, ogni giorno, andava ad appostarsi, per vedere la "pollastra" nuda. Senti MUSA, la interruppi io: qui qualcosa non quadra, come faceva CIANE, ad arrivare dai PANTANELLI, alla FONTANA? Hai ragione, precisò la MUSA, scusami, non te l'ho detto: in quei giorni, la civiltà e il progresso, non erano arrivati nella tua zona. Il porto, non era la fognatura che è adesso, e, allora, il mare era passante, tra l'imboccatura, CASTELLO-PLEMMIRIO, e il FORTE DEL GALLO "TALlO", passeggio TALETE. Non c'erano gli scarichi del PLEMMIRIO e di PUNTA CALDERINI, del TIRO AL PIATTELLO, e quelli dall'altra parte dell'ARSENALE, che si vedono, e non si vedono. Non c'erano stati, la SALSAMENTERIA di BORDI e lo stabilimento del "torsolo" per ricavarne olio di sansa d'olive, della S.P.E.R.O.. La sabbia della PLAIA, quasi a pelo d'acqua, arrivava fino alla SPIAGGETTA, dove sono "I SETTE SCOGLI". I pesci, erano a migliaia, e le vongole, nella sabbia, si raccoglievano a chili, perché ancora, non li avevano scoperto i"CATANESI". CIANE, con due salti, quattro bracciate, in un volo, attraversava. Il gran figlio di "Nessuno", si mise in testa di "fare la festa " a TUSA. Pure alla giovanetta, che sott'occhio guardava i movimenti del ragazzo, presero le fregole, ed intenzionalmente, si accarezzava e si muoveva tutta, facendo finta di niente. Lo sai, che la paglia vicino al fuoco brucia, e, " tanto la "quartara", va all'acqua, che si rompe o si spacca"? Insomma, entrambi, perdettero la testa, senza sapere d'essere fratello e sorella, per parte della madre. Tanto fecero, che si accoppiarono, e, "maturarono i fichi". Non poteva esserci più rimedio quando da lontano se n'accorse PUDDA, che graffiandosi tutta, incominciò a sbraitare gridando verso CIANE: maledetto, cosa hai fatto, che porcheria combinasti, adesso chi porta la notizia a casa? Quella è tua sorella, e quando arrivò vicino, gli chiarì come stavano i fatti. Appena CIANE capì la tragedia, fuggì correndo per buttarsi a mare. Nuotando come un pazzo, attraversò il mare e il fiume, e, giunto nei pressi della sorgente dov'era stato salvato da bambino, stanco e senza più fiato, si lasciò morire. Da allora il fiume, per ricordo, è chiamato CIANE, come si chiama ancora. Nel frattempo, attirato dalle grida di PUDDA, si raccolse tutto il paese, compresa lANA, che appena capì, arrabbiata nera, acchiappò TUSA per i capelli, sbattendola da una parte all'altra. TUSA, soddisfatta, con la faccia a chiazze, rossa come un papavero, mentre cercava di liberarsi i capelli, scivolò, e cadde nell'acqua, che usciva come un fiume dalla roccia, scomparendo in mare per sempre. Da allora, la "FONTANA", la chiamano ERA-DI TUSA, per ricordo, del posto dove si sdraiava al Sole, la ragazza. lANA, per la pena, diventò magra come uno stecchino, perché non volle più mangiare. Fu processata, davanti al consiglio degli anziani, come si usava allora, per delitto d'onore, ma fu assolta. Fu così, che ebbe origine tale reato, che fino a poco tempo fa, era nel vostro Codice Penale. Della PARA-NINFA, non si seppe più niente, ma c'è chi dice, che diventò prostituta da due soldi, morendo sifilitica. PUDDA, manutengola e "ruffiana", aprì un "casino "per conto suo, e fu la prima ruffiana", ad aprire una "casa chiusa" a SIRACUSA. Ti è piaciuto il racconto. Disse IRONIA, compiacendosi? Adesso bevi l'acqua, che ci riprendiamo, prima di continuare. Veramente bello il racconto, cara MUSA, però, a me pare, troppo fantasioso, cosa vorrebbe farmi credere, che questa è la vera storia d'ARETUSA e del FONTE? Io la sapevo in un altro modo. Poteva essere cosi? Lo so, disse lei, sai che chi racconta si lascia andare con la fantasia? Feci anch'io così, tanto, carte scritte non ce né. Coloro che si dicono storici, ne hanno scritto tante "minchiate ". Quello che raccontai io, è il sugo, delle cose d'uomini e donne con i piedi per terra, e non, tutti le fantasie mitiche, di DEI e DEE, tramandatevi dai GRECI, e, che adesso ti racconterò. Intanto fregatene e beviamoci un po' d'acqua. Approfittando del fatto che la MUSA, si era fermata per riprendere fiato, le domandai: mi vuoi dire, com'erano i SICULI di carattere, come vivevano tra loro? L'argomento mi sta appassionando. Ecco, disse lei, questa è la domanda intelligente che mi aspettavo. Nessuno, finora, se n'è curato, bravo! Non esaltarti tanto, e stai calmo, senza sbrodolarti troppo. I SICULI, non avevano tante fregole, e, anche se non furono un vero popolo, come l'intendiamo oggi, cercavano di vivere tranquilli gli uni e gli altri, senza danneggiarsi a vicenda, perché volevano vivere in pace. Proprio a SIRACUSA, ancora non avevano pratica per la guerra, salvo qualche racconto di viaggiatori, ed erano sinceri, senza tanta malizia. A quei tempi, ancora non c'era tanta differenza nelle condizioni sociali e non esistevano i RICCHI e i POVERI, come oggi. A quei tempi, tutti lavoravano, o andavano a caccia, per procurarsi da mangiare, però, solo il necessario, quanto poteva bastare per tutti. Ogni famiglia, allora, aveva una capanna ed il necessario per riempire lo stomaco. Tutta la SICILIA, era un bosco. Non era stata ancora sottomessa dagli antichi ROMANI. Questi, per usare i tronchi nella costruzione delle navi, la disboscarono completamente. Non c'erano i PIROMANI, come succede oggi. La terra era così fertile, che qualsiasi cosa nasceva spontanea. Quello che si seminava, cresceva in abbondanza ed il frumento, si poteva seminare e raccogliere due volte l'anno. Ancora le terre, non erano state abbandonate per le fabbriche, cattedrali nel deserto, e per il mercato comune, con la scusa di difendere il prezzo e il lavoro degli operai. Allora IRONIA, le dissi io, la SICILIA, non era lo schifo d'oggi, era una specie di paradiso? Proprio cosi, rispose la MUSA, perché allora, in tutti i tempi, la maggior parte degli uomini cercarono di possederla e l'hanno "sfriculiata"? Caro bitorzolo, quelli erano "I TEMPI QUANDO BERTA FILAVA, RIEMPIVA I FUSI E LI DISFACEVA" come usa dire, ancora oggi, qualcuno di voi. Ti posso dire, che quelli erano tempi d'uomini ingenui come te, caro PETO-NINO, non come quelli d'oggi, dei tanti PETI-GONFIATI. Sei soddisfatto? Posso andare avanti; domandò IRONIA? Cara MUSA, vai avanti, ma con calma, perché voglio capire bene quello che racconti, le dissi.
E-mail: randazzoantoniosiracusa@gmail.com
via Agostino Scilla n.29
96100 Siracusa
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