Storia Elio Tocco - Storia

Storia Siracusa
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La memoria, le vicende, l’urbanistica, la storia di Siracusa Di Elio Tocco

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VEDI ANCHE:http://www.antoniorandazzo.it/Istituto%20Mediterraneo%20Studi%20Universitari/index.html


1  Storia di Siracusa. Cronologia essenziale
2  Sviluppo urbanistico di Siracusa
3  Tempio di Apollo
4  Akrai
5  Teatro Greco di Akrai
6  Gelone
7  Tempio di Athena
8  Pindaro Eschilo Simonide e Bacchilide
9  Latomie
10 Da Ierone a Dionigi I
11 Castello Eurialo
12 Platone
13 Da Dionigi II alla morte di Timoleonte
14 Da Agatocle a Ierone II
15 Il generale impianto viario della città greca
16 Ara di Ierone
17 Teatro Greco
18 Periodo romano ed Archimede
19 Ortigia
20 Venere Landolina o Anadiomene
21 Catacombe
22 Biografia Santa Lucia
23 Comunità cristiane
24 Santa Lucia extra moenia
25 Periodo bizantino
26 Periodo islamico
27 Conte Ruggero
28 Basilica di San Nicolò
29 Comunità ebraica
30 Periodo svevo
31 Castelli Svevi
32 Castello Maniace
33 XIV Secolo
34 Periodo aragonese e catalano
35 XVI Secolo
36 Periodo barocco
37 XIX Secolo. Ortigia dall'800 agli anni 40
38 I fatti del 1837
39 XX Secolo. Ortigia dal 1943 ad oggi
40 Zona industriale
Storia di Siracusa. Cronologia essenziale
VIII sec. a.C.
• 734 Fondazione di Siracusa da parte di coloni provenienti da Corinto.
• Insediamenti umani in Ortigia.
VII - VI sec. a.C. Fine VII sec.
• Costruzione del tempio di Apollo.
• Siracusa a poco a poco si costruisce una posizione egemonica nella Sicilia sud-orientale, mettendo in atto un'accorta politica di fondazione di colonie.
• 664 Siracusa fonda Akrai (Palazzolo Acreide). Si pone mano alla costruzione del Teatro.
• 505-466 Insediamento dei primi Tiranni nelle maggiori città siciliane
• 505-491 Cleandro e Ippocrate a Gela
• 488 Terone ad Agrigento
V sec. a.C.
• 491-485 Gelone tiranno di Gela.
• 485 La dinastia dei Diomenidi di Gela si insignorisce di Siracusa; sotto la loro guida la città diverrà una delle maggiori potenze del Mediterraneo.
• 485-476 Gelone tiranno di Siracusa.
• 480 Gelone sconfigge i cartaginesi a Imera. Si pone mano alla costruzione del tempio di Athena.
• 476-461 Ierone I è tiranno di Siracusa. La città attraversa il suo periodo di massimo splendore culturale; vi soggiornano Pindaro, Eschilo, Simonide e Bacchilide.
• 460 Ierone II sbaraglia gli etruschi a Cuma; Siracusa si assicura la supremazia sul Mediterraneo occidentale.
• 452 Ducezio guida una grande rivolta dell'elemento indigeno contro la grecità siciliana.
• 440 Siracusa doma la rivolta; morte di Ducezio.
• 430-360 Si coniano i magnifici decadrammi di Kimon ed Euainetos.
• 427-424 Guerra fra Siracusa e Leontini.
• 415-413 Atene manda un corpo di spedizione in Sicilia per sconfiggere Siracusa. La città schiaccia le forze assedianti nella vittoria dell'Assinaros.
• 413 Le latomie sono adibite a luogo di carcerazione, e sterminio, degli ateniesi di Nicia.
• 410-415 I cartaginesi muovono guerra alla grecità di Sicilia.
• 405-367 Tirannide di Dionigi I.
• 402-397 Si estraggono dalle latomie cinque milioni di tonnellate di materiale di pietra; si costruiscono le mura di Siracusa e il castello Eurialo.
• La città assume la propria massima estensione (180 stadi di circuito) e, ad opera finita, si hanno le più grandi mura dell'antichità e l'opera militare (il castello Eurialo) più complessa e ben congegnata. La pentapoli è divenuta una fortezza imprendibile.
• 402-397 Siracusa resiste vittoriosamente a un assedio cartaginese.
IV sec. a.C.
• 398-396 Prima campagna di guerra contro Cartagine.
• 388 Primo viaggio di Platone a Siracusa, dove il filosofo spera di potere realizzare la propria utopia politica.
• 367-344 Tirannide di Dionigi II.
• 367 Secondo viaggio di Platone a Siracusa. Dione, come nel primo caso, ne sollecitò la venuta, e principalmente in questa occasione (essendo forte l'influenza dello zio Dione sul giovane Dionigi) il filosofo avrebbe dovuto "ispirare al giovane nipote" l'amore per il vivere onesto e virtuoso.
• 361 Terzo viaggio di Platone a Siracusa. Il tentativo del filosofo di indurre Dionigi a compiere "senza stragi o condanne a morte" le riforme di struttura "indispensabili per procacciare a tutto il paese la vera felicità", abortisce per le rivalità sorte fra Dione e Dionigi.
• 354 Morte di Dione: governatore di Siracusa ed amico di Platone, nel tentativo di preparare una spedizione contro Dionigi, con il quale era venuto in aperto conflitto.
• 346 I cartaginesi riprendono l'iniziativa contro i greci con una offensiva in terra siciliana.
• 344-338 Timoleonte, cittadino della madrepatria Corinto, prende le redini della cosa pubblica in Siracusa.
• 340 I cartaginesi vengono sconfitti presso il fiume Crimiso.
• 317-289 Agatocle, tiranno di Siracusa, anticipando i romani, porta vittoriosamente la guerra nel territorio metropolitano cartaginese.
• 305 Agatocle assume il titolo di "re" di Sicilia.
III sec. a. C.
• 280 I cartaginesi invadono nuovamente i territori siracusani. La stessa città è in pericolo.
• 278 Pirro, re dell'Epiro, chiamato dai siciliani, libera la città dall'assedio e ne viene proclamato re.
• 269 Ierone II re di Siracusa.
• 269-216 Costruzione dell' Ara di Ierone.
• 264-241 Prima guerra punica; Ierone mantiene l'alleanza con i romani.
• 230 Si allarga la cavea del teatro greco.
• 215 Morte di Ierone II.
• 218-201 Seconda guerra punica.
• 214 Siracusa passa nel campo dei punici abbandonando l'alleanza con Roma.
• 212 Roma conquista Siracusa. Viene ucciso Archimede.
II sec. a.C.
• Primi anni - Decreto di Marcello vietante ai siracusani di risiedere in Ortigia.
• 114 Fino a questa data nessun governatore romano della Sicilia è incriminato per concussione.
• 99 Le proprietà confiscate, divenute ager publicus, vengono distribuite ai veterani dell'esercito romano.
I sec. a.C.
• 73-71 Verre governatore della Sicilia, con sede in Siracusa.
• 70 Processo contro Verre per le rapine da lui perpetrate ai danni delle città siciliane e, principalmente, di Siracusa.
• 21 Augusto deduce in Siracusa una colonia per ripopolare la città colpita gravemente, nel proprio tessuto demografico, dalle vicende degli ultimi due secoli.
I sec. d.C.
• S. Paolo si ferma per tre giorni a Siracusa, durante il viaggio di ritorno da Roma.
• Si costruisce l'anfiteatro romano. Viene scolpita la Venere Landolina.
• Negli ultimi decenni del secolo viene costruito il ginnasio romano.
II sec.
• Si cominciano a utilizzare le catacombe in seguito intitolate a S. Lucia.
III sec.
• Cominciano ad aversi le prime testimonianze monumentali delle comunità cristiane.
• Siracusa subisce una devastazione a opera dei franchi. Si ricostruisce l'anfiteatro romano.
IV sec.
• 303-304 Martirio di S. Lucia e di S. Euplio avvenuto durante le persecuzioni dioclezianee.
• 340-345 Probabilmente in ambiente romano un ignoto artista scolpisce il sarcofago di Adelfia.
• Si utilizzano e si ingrandiscono, a mano a mano, le catacombe di S. Giovanni (VI sec.).
V sec.
• I vandali, dopo le prime incursioni, si impadroniscono della Sicilia. Dominazione ostrogota.
VI sec.
• 535 Nel quadro della nuova politica imperiale bizantina Belisario conquista la Sicilia.
• Si comincia a costruire la chiesa di S. Lucia extra moenia.
VII sec.
• 600 Probabilmente già poco prima di questa data il tempio di Athena viene consacrato in chiesa cristiana. S. Marziano è la cattedrale di Siracusa.
• 651-652 Prima incursione di pirati arabi.
• 663 L'imperatore Costanzo si trasferisce a Siracusa, che diviene, per cinque anni, la capitale dell'impero bizantino. La chiesa, già tempio di Athena, viene trasformata in cattedrale.
• 669 Costanzo è assassinato nel bagno da un ciambellano. Inizio di una rivolta separatista.
• 669 Il figlio di Costanzo, Costantino IV, arriva in Siracusa con un esercito, fornito dalle esarchie orientali. Fine della rivolta.
• 692 L'intera Sicilia diventa dominio bizantino. Siracusa ne conserva il ruolo preminente.
VIII sec.
• 726 L'imperatore di Bisanzio confisca il patrimonio papale nell'isola.
• 751 La Chiesa di Sicilia è annessa al patriarcato di Costantinopoli. Il titolo di metropolita viene attribuito al vescovo di Siracusa.
IX sec.
• 827 Primo assedio di Siracusa da parte degli islamici comandati da Ased-Ibn al Foràt.
• 877 Gli arabi pongono di nuovo l'assedio intorno alla città.
• 878 Gli arabi conquistano Siracusa; distruggono una gran parte della città. Gli abitanti abbandonano gli insediamenti d'Acradina e si ritirano in Ortigia. Siracusa perde definitivamente il ruolo di città più grande e più importante dell'isola.
X sec.
• 962 I bizantini tentano di riconquistare Siracusa.
• 964 Altro tentativo bizantino, infelicemente conclusosi, guidato da Niceforo Foca.


XI sec.
• 1038-1040 In seguito al grave marasma politico dell'isola (provocato tanto dalle ripercussioni della crisi politica e militare conseguenti alla caduta di Baghdad nelle mani dei selgiuchidi quanto dalle gravi controversie fra ziriti e fatimidi) i bizantini tentano un colpo di mano nell'isola. Maniace sbarca a Siracusa e restaura il dominio imperiale; ma in seguito alla sua caduta in disgrazia presso la corte di Bisanzio il tentativo di creare in Siracusa una valida testa di ponte per una generale offensiva bizantina fallisce.
• 1060 Ibn-at-Thumnah, signore di Catania e Siracusa, chiama i normanni nell'isola, per combattere il cognato, Ibn Hawwasci.
• 1086 Il conte Ruggero assedia Siracusa per terra e per mare.
• 1087 Inizia un'immigrazione, nell'isola e in Siracusa, di elementi greci e latini. Restituzione della diocesi siracusana e sua ricostituzione.
• 1092 Giordano, figlio di Ruggero I, ha Siracusa in feudo (alla sua morte l'avrà Tancredi per poi passare al demanio reale).
• 1093 Bolla di Urbano II confermante i possessi e i confini della diocesi siracusana. Funerali, presso la chiesetta di S. Nicolò, di Giordano, conte di Siracusa.
XII sec.
• 1100 La città è colpita da un terremoto.
• 1104 Diploma del conte Tancredi ricordante la chiesa di S. Nicolò dei cordari.
• 1115 Opere normanne si sovrappongono alle originarie strutture della chiesa di S. Lucia extra moenia.
• 1140 Un altro terremoto colpisce la città. In una di queste occasioni, maestranze normanne eseguono opere sulla cattedrale; vengono sopraelevati i muri d'alzato della navata centrale ed eseguite alcune opere decorative (affreschi e mosaici).
• 1168 Un terremoto colpisce Siracusa.
• 1187 La comunità ebraica della città acquista del terreno per ubicarvi un cimitero.
• 1199 Si costruisce la chiesetta di S. Tommaso.
XIII sec.
• 1204 La città è occupata dai pisani e dai genovesi.
• 1209 La Sicilia passa agli Svevi. Federico II soggiorna a lungo a Siracusa.
• 1232-1239 Costruzione del Castel Maniace.
• 1298 Privilegio concedente a Siracusa l'esenzione totale dai donativi reali.
• 1298 Gli Angioini tentano di installarsi a Siracusa trasformandola in una munita testa di ponte per le ulteriori azioni militari.
XIV sec.
• 1361 Federico III d'Aragona istituisce nella città la camera reginale.
• 1348 Pestilenza.
• 1397 Costruzione del palazzo Mergulese (poi Montalto).
• 1351 Un forte terremoto colpisce Siracusa.
XV sec.
• 1400 Siracusa inizia un periodo di intensi scambi con la terra d'Aragona, che ne influenza profondamente la cultura architettonica.
• 1410 È attivo, a Siracusa, il "maestro di S. Martino" (la chiesa di S: Martino - Palazzo Bellomo).
• 1448 Vengono rimossi i due arieti di bronzo ornanti il portale del castel Maniace (Museo Nazionale di Palermo).
• 1450 Costruzione dei palazzi Lanza e delle chiese di S. Maria dei Miracoli e S. Giovanni Battista. Costruzione del Palazzo greco e della Porta Marina. Trasformazione della chiesa di S. Lucia extra moenia.
• 1462 Sostano nel porto della città le 130 navi del corpo di spedizione di Alfonso d'Aragona.
• 1474 Antonello da Messina dipinge l'Annunciazione (Pal. Bellomo).
• 1468 Marco Costanzo dipinge il S. Gerolamo (cattedrale).
• 1495 Marco Costanzo dipinge la Trinità (Pal. Bellomo).
XVI sec.
• 1525 G. B. Mazzolo scolpisce il monumento funebre a Eleonora Branciforti (Pal. Bellomo).
• 1536 Carlo V dota la città di munitissime fortificazioni.
• 1542 Grave terremoto. Particolarmente colpita la cattedrale.
• 1550 Siracusa conta 13.000 abitanti.
• 1558 Michelangelo Merisi da Caravaggio visita la città.
• 1562 Costruzione del quartiere nuovo della fanteria spagnola.
• 1570 Nasce Vincenzo Mirabella, matematico, letterato ed archeologo (m. 1624).
XVII sec.
• 1600-1630 Lavori di trasformazione della chiesa di S. Lucia E. M.
• 1608 Caravaggio dipinge a Siracusa il Seppellimento di S. Lucia conservato nella chiesa omonima.
• 1618 Il vescovo Giovanni Torres fa costruire il palazzo arcivescovile (A. Vermexio).
• 1619 Su progetto di A. Vermexio si costruisce la chiesa di S. Benedetto.
• 1629-1631 Costruzione della chiesa del sepolcro di S. Lucia (G. Vermexio).
• 1629-1633 G. Vermexio costruisce il palazzo del Senato (ora sede del Municipio).
• 1652-1658 Si costruisce la chiesa di S. Maria.
• 1635-1687 Si costruisce la chiesa del Collegio.
• 1693 Siracusa è colpita da un fortissimo terremoto.
• 1695-1703 Costruzione della chiesa di S. Lucia alla Baida (progetto di. Luciano Caracciolo).
XVIII sec.
• 1704 Scoppio della polveriera ubicata dentro il castel Maniace; gravi danni alla costruzione.
• 1718 Nasce Cesare Gaetani, letterato ed archeologo (m. 1805).
• 1727 Su progetto di Pompeo Picherali si costruisce la chiesa dello Spirito Santo.
• 1728 Andrea Palma costruisce il nuovo prospetto della cattedrale.
• 1729 Siracusa è colpita da una grave pestilenza.
• 1742 Si costruisce la chiesa di S. Filippo alla Giudecca.
• 1743 Nasce Saverio Landolina, archeologo (m. 1814).
• 1751 Parziale trasformazione del palazzo arcivescovile (si aggiunge l'ultimo ordine, si trasformano in balconi le finestre del piano nobile).
• 1760 Nasce Tommaso Gargallo, poeta (m. 1843).
• 1775 L'architetto Luciano Alì costruisce il palazzo Beneventano del Bosco.
• 1780 L'arcivescovo Alagona fonda la biblioteca alagoniana.
• 1787 Visita di Goethe a Siracusa.
• 1783 Un terremoto colpisce Siracusa.
XIX sec.
• 1800 Demolizione dei forti spagnoli, interramento dei canali di congiungimento fra le acque del porto grande e del porto piccolo.
• 1800-1810 L'arcivescovo G. Maria Amorelli mette insieme una raccolta di pittura comprendente, fra l'altro, il S. Leonardo (Pal. Bellomo).
• 1804 Nell'area occupata dal Giardino di Spagna viene rinvenuta la Venere Landolina.
• 1806 Ferdinando III di Borbone, esule, viene ospitato nel palazzo Beneventano del Bosco.
• 1811 Negli ambienti del seminario arcivescovile si costituisce il museo comunale; vengono esposti i "pezzi" archeologici del vescovo Alagona.
• 1818 Un terremoto colpisce Siracusa.
• 1835 Il poeta tedesco Augusto von Platen visita Siracusa (dove venne sepolto entro la Villa Landolina).
• 1837 Epidemia di colera e Fallito tentativo insurrezionale antiborbonico.
• 1850 ca. Demolizione della chiesa dei padri teatini,


Ortigia dal 1943 ad oggi
Il centro storico meglio conservato fra quelli siciliani è ancora oggi, e nonostante tutto, quello di Siracusa, i cui confini esattamente coincidono con quelli di Ortigia.
Centro storico meglio conservato, si diceva, non per un miracolo di isolata resipiscenza catalizzante quivi gli sforzi di conservazione, ma per il casuale combinarsi di vari fattori storico-ambientali.
Cercando di tirare un poco le somme dei precedenti discorsi sull'urbanistica siracusana, cioè di Ortigia, ricorderemo che i secoli che ne interessarono il volto furono: il Tre-Quattrocento, il Cinquecento per la realizzazione della bastionatura, e il barocco che se pur non vide qui le grandi realizzazioni palermitane, creò uno "stile" che conferì alla città un volto ancora oggi caratteristico e inconfondibile.
L'Ottocento fu prevalentemente un secolo distruttivo ma l'insieme dell'urbanistica isolana fu lasciata intatta, come intatta era rimasta per tutto il tardo Settecento. La grande contrazione economica dei secoli XVIII e XIX, infatti, non portò tanto alla realizzazione di un insieme di costruzioni, legate da uno stile, da un comune orientamento di gusto, tale da influenzare l'urbanistica d’ Ortigia nella sua globalità, quanto a sporadici interventi, tutti tessuti sopra il precedente sostrato culturale edilizio che venne lasciato intatto; e lo stesso capitò fino alla seconda decade del XX secolo.
Se l'orrendo taglio della via del Littorio non avesse distrutto tanta parte delle architetture d'Ortigia e se l'Ottocento non si fosse fatto promotore della indiscriminata corsa alla distruzione delle fortificazioni e dell'apertura della piazza Archimede, l'intera isola sarebbe del tutto intatta e costituirebbe un centro storico di notevole valore.
L'isola, prima dell'ultima ondata distruttiva, era ancora splendida nei suoi piccoli affacci barocchi, nelle teorie di balconcini dalle panciute ringhiere, negli angoli catalani dai silenziosi atri sui quali si snodavano le scale segnate dalla caratteristica risega; e splendida era ancora Ortigia per quella sua felicissima situazione di centro storico non soffocato dalla città nuova e quindi fatalmente risospinto ai suoi margini urbanistici e socio-economici; era in realtà questa la ragione ultima della sopravvivenza d’ Ortigia, quella di essere un centro urbano ancora vivo, con una sua precisa collocazione economica, non assolutamente subordinata alla presenza di un nuovo centro cittadino.
Ma tutto questo non fermò per un solo attimo la mano agli speculatori né impedì l'inizio di una irreparabile rovina.
Dopo il conflitto mondiale, che lasciò i suoi segni ben chiari, si cominciò a parlare del problema della salvezza d'Ortigia, e già da allora il termine "salvare" fu usato su due registri ben diversi; da un lato da uno sparuto gruppetto di studiosi, facenti capo per lo più a Giuseppe Agnello, che volevano salvare l'architettura e l'urbanistica dell'isola; dall'altra da tutti gli aspiranti speculatori che con l'ormai scontatissimo alibi del "risanamento" volevano fare d’ Ortigia tabula rasa per piantarvi gli squallidi escrementi cementizi della loro disonesta ignoranza.
La scelta fra i due metodi, come sempre quando si tratta di scegliere, non vi fu, e "all'italiana" si adottarono ambedue i metodi: un poco si distrusse e ciò che non venne distrutto si conservò.
L'una cosa e l'altra mentre le autorità competenti non esistevano nel problema (o invertendo i termini: perché il problema non esisteva per le autorità competenti).
Continuava intanto l'opera di quel piccolo gruppetto di studiosi volta e a sensibilizzare l'opinione pubblica e a ottenere provvidenze legislative.
Giuseppe Agnello avanzò nel 1952 la proposta per il vincolo edilizio d'Ortigia; il decreto arrivò dalla Regione siciliana sedici anni dopo. Furono quelli, probabilmente, i sedici anni peggiori dell'intera storia urbanistica di Ortigia (fatta eccezione per il possente e maschio ventennio, si capisce).
Il bottino di area fabbricabile fu notevole e chi doveva giovarsene ne approfittò con lodevole disinteresse della burocrazia e fra la totale indifferenza della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica.
Qui occorrerà dire che quando si fa riferimento all'opinione pubblica si intende solo quella di Siracusa, essendo uno dei mali di cui ha sempre sofferto la città quello dell'isolamento, ed essendo rari i momenti in cui il problema di Siracusa ha potuto essere inserito in un contesto più ampio ed in un circuito di informazione nazionale.
Uno di questi rari momenti è quello attuale. Urbanisti di fama nazionale, come Zevi o Cederna, sono scesi in campo per evitare alla città lo scempio di quella inutile, costosissima cuspide del Santuario della lagrimazione. Ovviamente i lavori di completamento iniziati nel 1987, non si sono bloccati per questo motivo.
Limitiamoci a elencare gli scempi perpetrati con lucidissima volontà, in seguito a un preciso piano di eversione edilizia che, qui come altrove, si è giovato di tutti i metodi disponibili: l'attacco diretto e demolitore; l'attacco per strangolamento; l'attacco per vecchiaia del monumento o per fatiscenza della "zona".
Ma sono anche questi discorsi stantii, ovvi, come ovvio è il manifesto che di tanto in tanto è apparso sui muri di Siracusa, dal titolo Salviamo Ortigia, regolarmente plaudente a un totale "risanamento", ovvero, in termini meno ipocriti, alla soluzione finale del problema urbanistico di Ortigia.
E parole inutili saranno anche quelle spese per illustrare il "valore" d'Ortigia; sarà bene chiarire che Ortigia (salva la cattedrale, il palazzo del Senato, il Montalto, il Bellomo) non è sede di una grande architettura; non vi sono né i capolavori catalano-rinascimentali del Carnelivari, né le articolate e splendide facciate barocche, né i ricami mudejar; ed è questo un dato di partenza facilmente comprensibile se si pone mente alle condizioni storico-economiche della città.
Ma è l'insieme di questa architettura, innestata su di un reticolo viario che in parte ricalca ancora quello classico (via Roma, via Maestranza, via Dione), che risiede il valore d’ Ortigia; in quel suo misurato e vissuto senso urbanistico; in quella felicissima posizione i cui limiti sono i piatti scogli battuti da un mare una volta bellissimo, in quegli ombrosi atri dove il tempo pare essersi fermato, in quel ritmo urbanistico che è insieme concezione di vita e filosofia della città. Ed è questa città, questa civiltà d'Ortigia che doveva andare salvata, e della quale oggi occorre salvare i resti.
Stendiamo un velo di pietoso silenzio sulle truffaldine proposte avanzate per distruggere d'Ortigia anche l'odore; come quella che la voleva "tagliata in quattro grandi arterie parallele, tagliate da altrettante perpendicolari il che ... toglierebbe l'incomodo delle viuzze tipo labirinto della Giudecca". Il brano è stato riportato da un libretto del Gargallo su Ortigia e vale la pena di riportare anche il suo commento alla citata proposta: "Per chi non lo sapesse la Giudecca è l'ultima delle Giudeche ... del sud spagnolo e catalano. Le grandi raggere dei portali del Quattrocento vi fiancheggiano il barocco di S. Filippo. E le quattro arterie tagliate da quattro altre? Moltiplicheremo per otto via del Littorio?( T. Gargallo).
Andando adesso al merito della discussione, cioè a quanto è stato distrutto, per potere procedere esamineremo brevemente i due aspetti salienti della questione: la distruzione urbanistica e la distruzione monumentale.
La distruzione urbanistica
Dicevamo che dal 1952 al 1969 si sono concentrati i maggiori danni al patrimonio urbanistico d’Ortigia. Di passata diremo di quel tipico intervento sbagliato costituito dalla passeggiata a mare, vero e proprio anello di cemento serrante l'isola da ogni lato e nascondente gli scogli sui quali è appollaiata Ortigia.
Scrive a questo proposito Giuseppe Agnello che si continua a profondere ancora centinaia di milioni per la cosiddetta passeggiata a mare, inutile e dannosa innovazione ... [che] appare oltretutto urbanisticamente assurda.
Altro danno rilevante al carattere urbanistico-ambientale, Ortigia lo soffre per il progressivo interramento del porto piccolo sulla cui area "risanata" è logico sognare informi scatoloni di cemento armato.
Sentiamo a questo proposito il Gargallo: Quando la generazione precedente, nonostante le preghiere del Magnaghi, il più grande esperto del tempo, rovinò il porto perché s'era ficcata in capo di colmare i canali che lo tenevano drenato, e riuscì nella sua sudicia ostinazione ... ".57 Si è agito, in questo caso, con la nota tattica del procedimento indiretto: si crea una causa lontana per ottenere un effetto studiatissimo. Il fondo del porto piccolo non è mai stato dragato e a mano a mano che si va interrando, si sono colmate e livellate queste nuove aree. Non v'è dubbio alcuno che esse verranno destinate ad aree edificabili.
Un altro aspetto di grave alterazione urbanistica è stato costituito dalle demolizioni e dall'occultamento della vecchia cinta muraria, della quale alcuni pezzi potevano e dovevano essere salvati e debitamente isolati senza procedere, come di consueto, a demolizioni "a tappeto.
Si cominciò dal poderoso forte spagnolo, eretto a guardia dell'ingresso di Ortigia. Sentiamo come ce lo descrive Patrick Brydone, che visitò Siracusa l' 1 giugno del 1770: Ortigia era da molti secoli una penisola quando l'attuale re di Spagna affrontò l'enorme spesa di tagliare la lingua di terra che la univa alla Sicilia, riportando la al suo pristino stato. Sull'isola egli ha fatto erigere un forte imponente, quasi inespugnabile. Vi sono quattro solide porte, una dietro all'altra, ciascuna fornita di spalti, di passaggio coperto, scarpa e controscarpa, e un largo e profondo fossato pieno d'acqua di mare e difeso da un immenso numero di cannoniere.
Questa imponente fortezza era preceduta, dal lato di terra, da un ingegnoso sistema di canali, uno dei cui scopi, come abbiamo visto, era quello di mantenere drenato il fondo del porto piccolo.
Altre variazioni urbanistiche sono intervenute sul vivo del tessuto edilizio d’ Ortigia creando paurose zone di "vuoto"; premessa indispensabile, questa, per l'alterazione di tutto il quartiere e quindi per nuovi allargamenti delle aree da occupare. E sono proprio questi gli interventi più distruttivi e più "dinamici".
Il più recente fra questi interventi riguarda la zona compresa fra il palazzo Gargallo e il palazzo Montalto, la via Maestranza e la via Mirabella. Riguarda tutta una grossa zona quadrata di Ortigia che è stata demolita e dove sono sorti due aborti cementizi: una scuola elementare, il cui edificio già mostra segni d’ una menopausa galoppante, e un immenso edificio, amorfo come un'ameba, da un lato schiacciante le strutture quattrocentesche del palazzo Gargallo.
Sarà bene sottolineare di passata che tanto si dice non in omaggio a uno stupido e "passatista" spirito antimoderno; certo che nessuno pensava che dagli speculatori edilizi siracusani si partorisse uno stile architettonico simile a quello di Walter Gropius e nessuno riteneva che dai loro progetti potessero spiccare il volo gli edifici di Alvar Aalto. Il punto da chiarire, qualora già non lo fosse ancora, è il seguente: l'architettura, antica come moderna, nasce dalla vita della città, dal suo respiro, dalla sua storia, dallo studio del suo ambiente.
L'architettura nasce da una concezione di vita, che se è sovrastruttura rispetto alle condizioni socio-economiche dell'ambiente, si trasforma in struttura essa stessa non appena diviene città.
Da questo nasce, in ogni epoca, l'architettura. Ma dalla speculazione, dall'ignoranza elevata a sistema, dalla ladresca impostazione di "veloci" fabbriche, non può nascere nulla. Ogni cosa è lo specchio delle intenzioni che la vogliono. E se l'intenzione dello speculatore è solo quella di lordare la città arricchendosi, il risultato non potrà che essere un'opera pregna della stessa incultura dello speculatore e dei suoi favoreggiatori burocratici.
Il secondo effetto che si è ottenuto con questo intervento è nella indiretta distruzione del palazzo Montalto (la più pregevole architettura del Trecento siracusano) e, come si è ricordato, del palazzo Gargallo. I due fabbricati erano troppo "monumenti" anche per un navigato speculatore, quindi non poterono subito essere distrutti, ma non troppo importanti per non subire la tattica del lento strangolamento. Intanto la distruzione sistematica di tutto l'ambiente circondante i due palazzi li ha resi assurdamente avulsi dalla città; li ha imbalsamati e ha distrutto un rapporto urbano, il vitale cordone ombelicale dal quale il monumento dipende.
Ma andiamo avanti; la coerente e pregevole via del Consiglio regionale è stata barbaramente squarciata a metà, come da un'esplosione che ne abbia per sempre eliminata la coerenza. Le piazze L. Greco e del castello Maniace sono state poste all'incanto e ivi sono stati costruiti alcuni fabbricati che sono invecchiati innanzitempo e che si presentano già come cadenti. Nella zona della piazza S. Giuseppe uguale scempio e lo stesso fra la via della Giudecca e la via Logoteta.
Elenchiamo brevemente gli ambienti d'Ortigia abbandonati o degradati, desumendoli da un’ elencazione che ne ha fatto Paolo Giansiracusa.
Canale della Darsena. "Infelici per funzionalità e disegno sono i due ponti. ] secondo ponte, costruito verso la fine degli anni Sessanta, non ha ancora a funzione per la quale era sorto. Certamente nessuno potrà mai condividere :he esso calpesti la baia dei Calafatari".
Concerie: Aretusa, Bellomia e Cannizzo. La conceria Aretusa è abbandolata e murata. La conceria Bellomia e Cannizzo "è una sorta di fogna dove ~ acque sorgive sono miste a scarichi domestici, spazzatura e topi di ogni razza e misura".
Via del Labirinto. Camminando per questa strada si ha l'impressione che Siracusa sia stata colpita dalla peste. Solai crollati, facciate pericolanti, finetre e porte tamponate, strutture malamente puntellate. Tutto rischia di crollare.
Case in via Alagona. Sono quasi del tutto abbandonate. Le strutture settecentesche dei fabbricati sono in stato di estremo deperimento.
Zona della Bagnara. È una delle zone più depresse della Graziella. La sua architettura è in piena decadenza strutturale. I vicoli sono completamente abbandonai".
Vicolo dei Tintori. In questo vicolo della Spircuta, piccolo frammento di Il tessuto urbano quasi interamente scomparso, ci sono diversi edifici abban:mati. [Vi si notano] solai crollati, travi bruciate, facciate pericolanti.
Piazza S. Giuseppe. Il ritmo e la dimensione della piazza sono stati definitivamente alterati da un palazzo in cemento armato che ne ha stravolto i lineamenti urbanistici.
Vicoli alla Giudecca. Sono abbandonati al 60 per cento. Molti edifici che vi ricadono sono pericolanti.
La distruzione delle architetture
Rischia, questo, di essere sempre una sorta di elenco della spesa o di conto del ragioniere. Elenco sempre fuorviante, ché per ogni architettura distrutta, o in via di scomparsa, occorre tenere conto dell'intero tessuto urbano che conteneva, motivava, significava.
Il monumento manomesso o distrutto è un "segno" di una più vasta situazione di degrado complessivo.
Per ogni chiesa illustre che va in malora cento case, un reticolo di strade e cortili, un insieme di modi di vivere e di parlare, tutta una dimensione antropologico- culturale sono già andati in malora. Purtuttavia, detto questo che consideriamo la premessa fondante ogni corretta intelligenza del fenomeno in questione, occorrerà procedere all'elencazione sommaria per evidenziare (appunto in modo "riduttivo") come in Ortigia, oltre che alle distruzioni all'ingrosso, si sia proceduto in distruzioni al minuto. Distruzioni diversificate a seconda della tattica via via utilizzata.
Chiesa di S. Giovannello alla Giudecca. È un rudere che funge da vasta pattumiera per il quartiere circostante. Mai nessun restauro ha provveduto a dotare la costruzione quattrocentesca di un tetto che, in atto, manca.
Chiesa di S. Filippo alla Giudecca. Pericolante da decenni, vi si è lavorato a lungo in opere di consolidamento e restauro. In atto la chiesa è ancora chiusa e pervicacemente pericolante.
Palazzo Chiaramonte. Quel che rimane delle fabbriche trecentesche, di recente aggraziate da un artistico portone di lamiera zincata, fa povera mostra di sé in via Landolina. Tutto il complesso è rovinato; è mancata una complessiva destinazione unitaria per le sue fabbriche.
Convento di S. Francesco d'Assisi. Scrive Paolo Giansiracusa che dopo i tribunali non è stato adoperato nel rispetto della sua vocazione strutturale. I frammenti del suo portico quattrocentesco sono ancora nascosti e incapsulati in strutture deturpanti.
Casa Abela-Danieli. Fabbrica quattrocentesca fra le più interessanti di Ortigia. Assediata da metastasi settecentesche attende ancora la liberazione (che sarà per eutanasia). Occorre ritrovarle una destinazione unitaria che la reinserisca nella vita del quartiere.
Palazzo Bongiovanni. È un bel palazzetto del Settecento (in fondo alla via Mirabella) totalmente abbandonato.
Convento del Carmine. Già caserma dei carabinieri; oggi chiuso e inutilizzato.
Palazzo Montalto. È stato per trent'anni l'emblema dello sfascio di Ortigia; dopo vari puntellamenti pare che opere di restauro di ciò che ne rimane siano già avviati. È probabile che fra dieci anni dovranno puntellare anche i cartelli che indicano i lavori già avviati, se la memoria storica del passato insegna qualcosa per il futuro.
Ex Biblioteca comunale e cinema Diana. Si tratta di un vasto complesso e di un cinema-teatro in totale rovina. Chiuso, pericolante, non vi si è mai varato un progetto per realizzare, sfruttando quelle strutture, un centro polivalente di spettacolo e cultura del quale Ortigia è del tutto priva.
Ex convento di S. Agostino. Già utilizzato come sede dell'Istituto tecnico femminile (poi trasferitosi in via XX Settembre e quindi in via Mirabella) l'intero edificio è stato, per anni, abbandonato e pericolante.
Teatro Comunale. Abbandonato e chiuso da decenni, abbisogna oggi, perché possa essere riaperto al pubblico, di enormi finanziamenti. E’ in corso un infinito restauro
Palazzo Gargallo. La sua pregevole struttura quattrocentesca è stata angustiata e assediata da un casermone di cemento armato che ne ha in parte occupato l'area vitale.
Palazzo Pria e Palazzo Greco. Demoliti come la duecentesca Casa detta di S. Lucia, ricordata dall' Agnello.
Chiesa dei cavalieri di Malta. Fino a qualche anno addietro adibita a segheria.

Lo sviluppo della zona industriale di Siracusa
Memoria del prof. Giuseppe Ansaldi.
La storia che stiamo per narrarvi inizia molto indietro nel tempo, alla fine degli anni Cinquanta, quando venne creato l'Asi: il Consorzio per l'Area di sviluppo industriale, trenta chilometri di costa fra Augusta e Siracusa, 43 milioni di metri quadrati di spiaggia e di campagna furono recintati, spianati, lottizzati e venduti. Era un progetto di disastro premeditato, poi diventato colposo. Nacque così la prima raffineria della zona.
Il commendatore Angelo Moratti nel quadro degli aiuti al nostro paese previsti dal piano Marshall fece trasportare via mare da Houston nel Texas un’ intera raffineria, già vecchia, ad Augusta. Un punto strategico sulla via del petrolio, nel centro del Mediterraneo. E inoltre da queste parti il costo del lavoro era almeno tre volte inferiore che a Milano. Poi arrivarono: la Liquilchimica (poi chimica Augusta), che produce materie prime per i saponifici e i detersivi, la centrale termoelettrica Tifeo, quella di Marina di Melilli, i cementifici, raffinerie e altri impianti produttivi sorsero uno dopo l'altro.
Poi arrivò la Montedison: era il 1958 e l'industria milanese acquisì, uno dopo l'altro, la Sincat, la Celene e altri piccoli stabilimenti a sud della rada di Augusta. Infine arrivarono la Centrale termoelettrica di Marina di Melilli, l'lsab, per la cui costruzione, a suo tempo, si celebrò un processo giudiziario agli amministratori di quell'epoca per interessi privati in ordine al rilascio delle autorizzazioni di legge, ed infine l'lcam che produce etilene. L'lsab è una delle più grosse raffinerie d'Europa. Insieme alla Esso tratta 50 milioni di greggio all'anno, pari a un terzo del greggio lavorato in Italia.
Si creò così quello che un ecologo definì la più grande concentrazione di industrie inquinanti d'Europa che scaricano nell'aria e nel mare della terra d'Archimede centinaia di tonnellate di residui velenosi ogni giorno. Fu il lavoro per molte famiglie nel cui destino esisteva solo una certezza di sopravvivenza, tremila chilometri più a nord nelle acciaierie della Ruhr o nelle miniere di carbone del Belgio.
Fu anche la devastazione irrimediabile di un territorio, trenta chilometri di costa vergine, il mare più pescoso della Sicilia orientale, centinaia di ettari di aranceti. Un disastro ecologico, ed è questo l'aspetto più allucinante della vicenda, che era sicuramente prevedibile.
Esso, in realtà, fu il frutto della speculazione con cui fu programmata la nascita e la crescita di questa area industriale: non si tenne conto delle preesistenti attività economiche. Le zone collinari, pregevoli per la produzione agricola (mandorleti, oliveti, vigneti, agrumeti), subirono forti decrementi di popolazione, dovuti a fenomeni di disgregazione e abbandono delle campagne che provocarono grossi squilibri nella distribuzione territoriale. Il prodotto lordo della agricoltura diminuì costantemente con un tasso annuo spaventoso.
Così fu per le altre attività produttive: artigianato, pesca e lavorazione del pesce, estrazione del sale, carpenteria navale, conserve alimentari ecc. Fu privilegiata soltanto l'industrializzazione. Il boom economico aveva annebbiato il senso critico della popolazione.
Le preesistenze ambientali furono cancellate. Non si progettò una rete di impianti di depurazione, non si tenne conto degli effetti micidiali che i fumi delle fabbriche vicine, combinandosi insieme nell'atmosfera, avrebbero potuto provocare; non ci si chiese che cosa sarebbe accaduto venti anni più tardi a chi avrebbe vissuto sulla propria pelle quella crescita industriale selvaggia e irrazionale. Le industrie, quando impiantano una fabbrica, studiano accuratamente il costo delle materie prime, il costo degli impianti, il costo del lavoro, dove vendere i prodotti. Sanno programmare in pochi mesi capovolgimenti di produzione, cessazione di attività, trasferimenti di personale e di capitale, ma non prevedono studi riguardanti l'impatto ambientale che deriva dalla loro presenza nel territorio. Non si preoccupano affatto delle conseguenze che si avranno sull'ambiente esterno e sulla vita degli uomini. S'ignora e si disprezza il costo ambientale ed umano della produzione.
Per Montedison, Anic, Isab fu tutto molto semplice: le industrie trovarono amministratori accondiscendenti, una provincia drammaticamente affamata di lavoro, un terreno ideale, insomma, per tirare su quelle fabbriche sporche che al nord non volevano più. Una vicenda siciliana fatta di connivenze e di tracotanza con cui vent'anni dopo i sindaci di Augusta e Siracusa dichiareranno sdegnati a un giovane magistrato di Augusta, reo di fare il proprio lavoro, che l'inquinamento nei territori dei loro comuni è soltanto una favola: non c'è, anzi non è mai esistito. Sei mesi più tardi le madri di Augusta e di Priolo daranno alla luce i primi bambini malformati. Quasi trent'anni dopo scoppiarono le contraddizioni di una industrializzazione forzata e distorta. Vennero al pettine i nodi del disastro.
Queste le date più significative. Vicende che negli ultimi anni si intrecciarono con l'azione giudizi aria del pretore di Augusta dell'epoca Antonino Condorelli.
Settembre 1976. Il simbolo di questa industrializzazione selvaggia è Marina di Melilli, un piccolo centro balneare di pescatori, sacrificato perché non poteva convivere con la raffineria sorta tre anni fa. Le case espropriate sono state rase al suolo. Dei mille abitanti ne sono rimasti solo un centinaio. "Qui una volta non mancava niente, c'erano negozi, salumerie, c'era persino la chiesa. L'avevamo costruita noi del paese, mettendoci soldi e mano d'opera, ma quando sono venuti quelli dell' Asi il vescovo di Siracusa l'ha venduta senza chiedere niente a nessuno e si è tenuto anche i soldi, 95 milioni".
"Sono venuti mille volte, prima pregando e poi minacciando per convincermi a vendere la casa. Volevano darmi 19 milioni, dicevano che se non vendevo avrei subito l'esproprio. Ma io sono rimasto e la casa non sono riusciti a togliermela. Ho lavorato tutta una vita per realizzare il mio sogno, quello di vivere in riva al mare e loro volevano ricacciarmi a Catania. Quelli che se ne sono andati adesso vengono qui, guardano il mare o dove prima c'era la loro casa e si mettono a piangere. Stupidi, ci hanno creduto a quella fesseria della casa a scomputo, del villaggio sulla collina, ora vivono nella merda di Priolo". Gli altri infatti le case sulla collina tra Floridia e Solarino non le videro mai. Andarono quasi tutti a vivere a Priolo dove la puzza e il fumo sono più opprimenti che a Marina di Melilli. L'Asi, poi, non costruì niente sui terreni spianati: un pretore scomodo, e soprattutto la recessione, la grande crisi del settore chimico fecero rientrare tutti i progetti. Oggi Marina di Melilli è una città fantasma, a poco a poco l'erba sta coprendo tutto.
•Settembre 1979. Nella rada di Augusta vengono raccolte per oltre una settimana decine e decine di tonnellate di pesce, improvvisamente morto. Il pretore Condorelli apre un'inchiesta e qualche giorno dopo la capitaneria di porto denuncia i colossi chimici per inquinamento. Negli ambienti industriali si parla subito di ripercussioni sull'occupazione se gli impianti verranno fermati dalla magistratura. La causa improvvisa che continua a provocare la strage rimarrà sconosciuta. Si parlerà solo di eutrofizzazione.
•3 ottobre 1979. Arriva ad Augusta la Commissione ambiente dell' Assemblea regionale. Il presidente Cagnes parla di responsabilità degli amministratori che non hanno mai vigilato.
•5 ottobre 1979, ore 21.30. Metà della popolazione di Priolo abbandona il paese circondato dalle ciminiere. È scoppiato l'impianto PR 1. Il giorno dopo in un ospedale catanese muore per le gravi ustioni l'operaio Vito Pesce di 53 anni.
•12 novembre 1979. La morte fa il bis alla Montedison. Alle tre di notte un boato che si sente distintamente anche a venti chilometri di distanza distrugge l'impianto AM/6. Tre operai muoiono, due sono feriti. Si scoprì che l'impianto aveva 21 anni di vita. Il giorno dopo, mentre il magistrato di Augusta sequestra questa parte della fabbrica, a Siracusa sfilano 20.000 persone, operai e studenti: la più grande manifestazione popolare mai registrata da queste parti. Oltre 300 sono stati i lavoratori morti e 80.000 quelli infortunati nella storia della nostra industrializzazione.
•22 novembre 1979. Da Roma arriva la Commissione industria della Camera. In Parlamento viene chiesta l'incriminazione dei dirigenti Montedison per omicidio multiplo colposo.
•5 dicembre 1979. La Commissione legislativa dell' Ars svolge una indagine conoscitiva sui problemi dell'inquinamento nella rada di Augusta e sugli ultimi incidenti avvenuti nell'area industriale. La relazione così conclude: "Non vi sono controlli da parte di nessuno, nemmeno da parte degli organi preposti. Da anni non risulta che siano stati fatti interventi di manutenzione straordinaria agli impianti". A questa indagine segue una mozione approvata dall'Assemblea regionale con la quale si dichiara la zona industriale area di grave emergenza ambientale e si approvano proposte di risanamento; tra l'altro si istituisce una commissione ad alto livello scientifico per accertare le cause del degrado ambientale e le condizioni di insicurezza del lavoro negli stabilimenti. Impegni assunti e puntualmente disattesi.
•18 febbraio 1980. Il pretore Condorelli conclude il super processo per le responsabilità sui mancati controlli per l'inquinamento atmosferico degli ultimi venti anni. Vengono condannati i 16 membri del Comitato regionale per l'inquinamento atmosferico e 8 amministratori locali. Il processo prenderà il nome di PIacenti + 23, l'assessore regionale al Territorio e Ambiente viene "dimesso" d'autorità dal pretore. Si solleva anche un caso di costituzionalità che non avrà seguito.
•23 giugno 1980. L'industria si appropria dell'acqua, bene collettivo. Il biologo inglese Keith Thompson lancia l'allarme: il papiro sul Ciane muore per infiltrazione d'acqua salata nella falda a causa dell'eccessivo emungimento industriale. A seguito, infatti, dell'instaurarsi progressivo di un rilevantissimo insediamento industriale, l'utilizzazione dell'acqua di falda ha raggiunto dimensioni tali da far riscontrare variazioni altamente allarmanti delle condizioni quantitative e qualitative delle risorse idriche sotterranee esistenti. In particolare si sono riscontrati punti di abbassamento del livello piezometrico anche superiori a 150 metri, e altri punti ove il verificarsi progressivo dell'intrusione salina, a seguito del richiamo dell'acqua marina, determinata dalla depressione piezometrica ha elevato il tenore dei cloruri in maniera allarmante.
•26 settembre 1980. Ad Augusta due minacce: ai posti di lavoro e alla incolumità dei bambini ancora non nati: la paura cresce tra i fumi inquinanti di una delle più alte concentrazioni industriali d'Europa, Una cappa d'angoscia pesa sulla zona. All'ospedale Muscatello di Augusta nascono sette bambini malformati. Diventeranno 15 in tre mesi. Il grande imputato è l'inquinamento. Bambini affetti dalle anomalie più bizzarre ed orribili, spesso morivano poche ore dopo il parto.
Una commissione regionale pochi mesi dopo e un'altra dell'Istituto Superiore di Sanità nel 1983 diranno ufficialmente che la media è normale, riferendosi a statistiche nazionali che molti scienziati giudicano inattendibili, e che comunque l'inquinamento esiste, è grave, ma per collegare questo a conseguenze sulla salute e sulla vita dell'uomo è necessario un approfondimento e una indagine epidemiologica che non verrà. Da allora ad oggi decine sono stati i processi per inquinamento. Fra i condannati dal pretore molti i dirigenti industriali. Per la maggior parte di questi processi si attende la sentenza di secondo grado.
E intanto a Priolo, ad Augusta, sulle colline di Solarino si continua a morire. Chi ha mai potuto dimostrare scientificamente che un operaio, trent'anni fra i camini di una raffineria e un tumore maligno ai polmoni, sia stato ucciso dalla fabbrica? Che c'entrano col destino di un essere umano l'anidride solforosa e gli ossidi di mercurio? Nulla, forse. Ci sono solo alcune cifre: il 300/0 dei decessi ad Augusta e a Priolo è causato da tumori; è la causa di mortalità di gran lunga più alta, quasi il doppio del 16% della media nazionale.
Ed ecco il linguaggio dei numeri: ad Augusta muoiono ogni anno in media 350 persone, il 30% di queste persone muore per cancro. Fanno più di cento persone, la metà delle quali se fosse vissuta altrove, probabilmente sarebbe ancora viva. Cinquanta esseri umani ogni anno in venti anni sono mille persone: è il tributo che una città sta pagando per i 10.000 posti di lavoro che le raffinerie le hanno regalato: per non essere costretti ad emigrare per questi posti di lavoro la popolazione di Augusta e di Priolo è condannata a vivere cinque o sei anni di meno. Ma oggi anche l'occupazione viene terribilmente falcidiata dalla cassa integrazione e dai licenziamenti che negli ultimi 4 anni insieme hanno interessato 30 mila operai, soprattutto i cosiddetti disadattati in gran parte invalidi per cause di lavoro. Il polo chimico, il sogno sofferto di questa provincia, muore smobilitato, ucciso dalla nuova generazione di burocrati-manager, figli "efficientisti" e "razionalizzatori" dei padri dell'industria post-bellica.
Ecco, noi crediamo che una maggiore conoscenza, una corretta informazione e lo sviluppo di una coscienza critica che sappia farsi carico dei problemi della collettività rappresentino strumenti indispensabili per costruire una vera e propria cultura dell'ambiente che abbia come fondamentale obiettivo la partecipazione alla gestione del territorio e non una partecipazione per delega, abitudine ormai consolidata che ha portato a un assopimento della coscienza individuale, alla rinuncia del proprio diritto a una più autentica qualità della vita che non si riesce ancora a costruire: né come speranza, né come sogno, né come realtà.
Tratto da Sicilia in pericolo Sugarco Milano 1984
Elio Tocco










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