Canale Galermi
Il Canale Galermi tratto da Voza
A partire dall'Anapo Nel XIX secolo veniva chiamato Saja della Bella Femmina il famoso canaleGalermi, realizzato dal primo tiranno di Siracusa, Gelone, dopo la sconfitta inferta ai Cartaginesi ad Imera nel 480 a.C. Non conosciamo il nome originario dell'acquedotto (Galermi è di origine araba e significa buco d'acqua); vista la sua cronologia, stupisce ancora l'uomo contemporaneo per la sua grandiosità e si può considerare una delle opere idrauliche più imponenti del Mediterraneo che rivela l'intelligenza e la sagacia dei suoi realizzatori, che secondo la tradizione, si servirono anche del lavoro dei prigionieri cartaginesi. Sabotato durante l'assedio romano della città nel 212 a.C., verrà ripristinato soltanto nel 1579 ad opera del marchese di Sortino, Pietro Gaetani, il quale ne utilizzò le acque per far lavorare quattro mulini nel suo feudo, ottenendo quindi il diritto di macinare. L'acquedotto Galermi dopo diversi trasferimenti della proprietà e della gestione, prima al Demanio (1834), quindi all'Amministrazione Finanziaria (1886) ed infine alla Regione Siciliana (1968), è dal 2005 gestito dal Genio Civile. Potenziato durante il secolo scorso, tra gli anni 1920 e 1950, con opere idrauliche, il canale Galermi (lungo più di 25 chilometri) perviene alla frazione di Belvedere di Siracusa e termina al partitore terminale (edificio a due piani, destinato ad alloggi di servizio per due custodi) di contrada Teracati dal quale mediante due canalette ( Degli orti di Sopra e Degli Orti di Sotto), l'acqua viene utilizzata per uso irriguo. Tale edificio è ubicato nella parte finale della via Galermi, nel punto in cui si restringe a gomito. Ancora perfettamente funzionante, è il frutto del lavoro di martello e scalpello associato alla tecnica del calcinamento, cioè dell'accensione di fuochi che, scaldando la pietra calcarea, facilitavano l'escavazione soprattutto dei tratti in galleria; larga parte risulta scavata in trincea con copertura in lastroni di pietra calcarea. Il problema di mantenere il tracciato e le pendenze dalla presa sino alla vasca di distribuzione fu risolto con un sistema di pozzetti quadrangolari che furono scavati sino ad una profondità di m 30; posti a distanza regolare di circa 50 metri l'uno dall'altro permisero, in un primo momento, l'escavazione in profondità e l'asportazione del materiale di risulta e, in un secondo momento, l'accesso al canale per ispezionarlo ogni volta che ce ne fosse bisogno. L'Anapo con i suoi affluenti Bottigliera e Ciccio, alimenta il canale con circa 500 litri al secondo nei periodi di massima portata. L'opera di presa sul fiume Anapo si trova nella contrada Fusco di Sortino. Venne inoltre creato un sistema di areazione per mezzo di finestrelle visibili esternamente lungo la parete rocciosa, per esempio, nel sito di Pantalica. Chi esplorasse il Galermi troverebbe spesso gallerie abbandonate, testimonianze di errori di direzione. I pozzi sono ancora visibili: per esempio in città, in via dell'Acquedotto, nei pressi di via Rosario Carta e nel Villaggio Miano, lungo il viale Epipoli. I colli dei pozzi furono cementati e coperti da lastroni in epoca moderna. Essi visualizzano il percorso in superficie di questo straordinario sistema idraulico, che rappresenta una ulteriore prova della varia ingegnosità dei GRECI L'acquedotto Galermi Le acque dell' Anapo, assieme a quelle di piccoli affluenti quali il Bottiglieria, il Ciccio ed il Costa Giardini, furono utilizzate e sono tuttora utilizzate per risolvere i problemi dell'approvvigionamento idrico per uso potabile ed irriguo di Siracusa; infatti sin dalla colonizzazione greca il canale di Galermi, un lungo acquedotto costruito in massima parte in gallerie scavate nella roccia, adduceva le acque sino alla vasca di distribuzione sita a Siracusa in contrada Teracati. La sua costruzione si fa risalire a Gelone il quale, secondo la tradizione, utilizzò in buona parte come manodopera i Cartaginesi vinti nella battaglia di Imera nel 480 a.C. e fatti schiavi. Le difficoltà incontrate dai progettisti nello studio e nella costruzione del canale Galermi furono notevoli. Infatti occorre tenere presente che la zona attraversata dal canale è impervia, difficilmente praticabile ed interrotta da profondi burroni e dalle montagne. Il luogo di presa delle acque fu originariamente stabilito nel rio Bottiglieria, vicino alla sua confluenza con l'Anapo, mentre attualmente è situato sull'Anapo in contrada Fusco di Sortino Il primo problema da risolvere fu quello di mantenere, compatibilmente con gli ostacoli naturali del terreno, il tracciato e la pendenza necessaria per giungere sino alla vasca di distribuzione. Questo problema venne risolto con il sistema dei pozzi, cioè venne fissata esternamente la loro ubicazione e successivamente venne eseguito lo scavo sino alla profondità voluta stabilendo in tal modo tanti punti fissi che determinarono la pendenza del canale sotterraneo e quindi dal fondo dei pozzi si scavarono i bracci delle gallerie tra di loro compresi. Tale tecnica di costruzione è peraltro confermata da deviamenti e gallerie, poi abbandonate, dovute ad errori di direzione in cui incorsero gli scavatori. I pozzi sono tuttora esistenti ed è possibile accedervi mediante delle caratteristiche scalette scavate nella viva parete. Il canale, che nella maggior parte del suo corso segue quello dell'Anapo mantenendosi per la sua pendenza ad una rilevante altezza rispetto al letto del fiume, ogni volta che incontra un vallone d'erosione lascia la sponda del fiume e segue l'andamento del vallone. Tali deviazioni, quindi, che secondo l'ampiezza del vallone arrivano anche a lunghezze di alcune centinaia di metri, sono numerose e allungano in tortuosi giri il corso del canale. Per lo scavo dell'alveo in roccia oltre che allo scalpello sembra che si sia usato il cosiddetto sistema del calcinamento e cioè l'accensione di grandi fuochi che, specialmente nei tratti in galleria, riscaldavano la roccia rendendone molto più semplice il taglio. Nel secolo scorso il canale veniva chiamato saja (che in dialetto siciliano indica un canale in terra o in muratura che conduca acqua per irrigazione) della Bella Femmina. Il nome Galermi, infatti, è stato dato recentemente, creando peraltro confusione con l'acquedotto del Ninfeo lungo circa 1000 mt, detto anche Galermi, che, partendo dal pozzo De Franchis, sito alla traversa Pizzuta, nel territorio di Siracusa, sbocca al di sopra del Teatro Greco. Il canale Galermi, opera mirabile dell'ingegneria idraulica greca, è attualmente di proprietà demaniale ed è tuttora utilizzato per scopi irrigui. E' possibile percorrere le gallerie, scavate nella roccia viva, che costituiscono uno degli aspetti più interessanti della valle dell'Anapo
Canale Galermi una risorsa da valorizzare di Pucci La Torre
documentazione pdf (clicca sulla foto)
Nel momento in cui l'espansione si diffondeva anche al di fuori dell'isola di Ortigia per interessare i quartieri Acradina, Neapolis e Epipoli necessitava trasportare e veicolare l'acqua attraverso gli acquedotti I Greci infatti sfruttarono il sistema idraulico scoperto in Ortigia arricchendolo ed incrementandolo con la realizzazione di una meravigliosa rete di acquedotti di lunghezza superiore a 100 km, alcuni dei quali tutt'oggi funzionanti dopo 2500 anni di servizio (fìg. 2).
L'acquedotto Galermi (foto 7) è il principale fra gli acquedotti e di cui anche il visitatore più distratto può sentire scrosciare l'acqua al di sopra della cavea del Teatro Greco, dopo che questa ha percorso nelle viscere della terra cunicoli vecchi di 25 secoli. Con un percorso lungo 30 km, l'acquedotto capta le acque in prossimità di Sortino-Pantalica, ad una quota di circa 187 m.s.l.m. Esso è costituito da una galleria scavata nella roccia calcarea bianca, da cui il significato etimologico gala = bianco - ermia = sorgente. Fatto costruire dai Greci intorno al V secolo a.C. per l'approvvigionamento di acqua potabile della Epipolis di Siracusa, conserva tuttora i pozzetti quadrati di ispezione che, ad intervalli regolari, ne seguono l'intero percorso e attraverso cui era assicurata la manutenzione dello stesso.
L'acquedotto, dopo avere ricevuto le acque, costeggia il percorso del F. Anapo, per la maggior parte scavato nella roccia calcarea ed in parte costruito in muratura; in prossimità di Belvedere divide le sue acque, a N, per irrigare le zone di Targia e, a S, quelle di Carancino e Tremilia.
La Galleria Tremilia, lunga circa 815 m, intagliata nella roccia viva, come la maggior parte degli antichi acquedotti, è costruita a doppio ordine: un cunicolo inferiore, in cui scorre l'acqua, ed uno superiore che serve per la ventilazione e la manutenzione. Fu utilizzata dai Greci come galleria filtrante (sistema imitato dai Romani), ovvero come canale di adduzione delle acque latenti che sboccano al contatto con terreni vulcanici impermeabili, a quota 47 m s.l.m.
L'Acquedotto del Ninfeo, lungo circa 1385 m è simile al precedente, a doppio ordine e sbocca al di sopra del Teatro Greco, sotto la grotta denominata del Ninfeo. Possiede 40 spiragli, ovvero pozzi d'attacco, e sbocca a quota 37 m s.l.m. attingendo le acque in corrispondenza degli strati impermeabili. La Fig. 3, (fonte: Cavallari S., Holm A., Cavallari C., Topografia Archeologica di Siracusa, Palermo, 1883) e ripresa da Sophie Collin Bouffier, mostra la sezione longitudinale di un tratto dell'acquedotto del Ninfeo che giunge fino al Teatro Greco.
Foto 7 - Acquedotto Galermi Paramenti tecnici
Lunghezza 29.000 m 29 km
Dislivello 133 m
Qmin 57 m (Casa dell'Acqua sopra ninfeo)
Un'altra galleria che, come la precedente, serviva a fornire di acqua la città antica, è quella del Paradiso che sboccava nella piscina S. Nicolò. Questa galleria è lunga circa 1565 m, ha 30 spiragli e sbocca a quota 24 m s.l.m. Le tracce di un'altra galleria si trovano dentro le Catacombe di S. Giovanni e pare che all'epoca cristiana appunto essa sia servita per intraprendere lo scavo delle famose Catacombe. La galleria si dirigeva verso N per andare a raggiungere il "tufo basaltico" in prossimità di S. Panagia.
Gli acquedotti descritti, escluso quello del Galermi, ricevono le acque dalle viscere della Terrazza calcarea e non hanno tra loro nessuna comunicazione artificiale: le acque di questi acquedotti scorrono infatti in un piano molto inferiore a quello dell'acquedotto Galermi né ci sono prove che essi vengano alimentati da esso (fonte: Topografia Archeologica di Siracusa, Palermo, 1883).
Un ulteriore aspetto significativo ed estremamente interessante del tessuto urbano di Ortigia, in termini di pianificazione territoriale è costituito dal suo variegato sistema ipogeico.
Gli ipogei infatti rappresentano elementi morfologici significativi del territorio urbano e per questa ragione sono stati censiti e riportati in una tavola, allegata allo studio geologico
LA SAJA DELLA BELLA FEMMINA
Uno dei pozzi d'ispezione dell'acquedotto Galermi ubicato nei pressi di via Rosario Carta.
Visibile la copertura con lastroni a schiena d'asino sopra il canale sottostante.
CANALE GALERMI a partire dall'Anapo
Nel XIX secolo veniva chiamato Saja della Bella Femmina il famoso canale Galermi, realizzato dal primo tiranno di Siracusa, Gelone, dopo la sconfitta inferta ai Cartaginesi ad Imera nel 480 a.C. Non conosciamo il nome originario dell'acquedotto (Galermi è di origine araba e significa buco d'acqua); vista la sua cronologia, stupisce ancora l'uomo contemporaneo per la sua grandiosità e si può considerare una delle opere idrauliche più imponenti del Mediterraneo che rivela l'intelligenza e la sagacia dei suoi realizzatori, che secondo la tradizione, si servirono anche del lavoro dei prigionieri cartaginesi. Sabotato durante l'assedio romano della città nel 212 a.C., verrà ripristinato soltanto nel 1579 ad opera del marchese di Sortino, Pietro Gaetani, il quale ne utilizzò le acque per far lavorare quattro mulini nel suo feudo,
ottenendo quindi il diritto di macinare. L'acquedotto Galermi dopo diversi trasferimenti della proprietà e della gestione, prima al Demanio (1834), quindi all'Amministrazione Finanziaria (1886) ed infine alla Regione Siciliana (1968), è dal 2005 gestito dal Genio Civile. Potenziato durante il secolo scorso, tra gli anni 1920 e 1950, con opere idrauliche, il canale Galermi (lungo più di 25 chilometri) perviene alla frazione di Belvedere di Siracusa e termina al partitore terminale (edificio a due piani, destinato ad alloggi di servizio per due custodi) di contrada Teracati dal quale mediante due canalette ( Degli orti di Sopra e Degli Orti di Sotto), l'acqua viene utilizzata per uso irriguo. Tale edificio è ubicato nella parte finale della via Galermi, nel punto in cui si restringe a gomito. Ancora perfettamente funzionante, è il frutto del lavoro di martello e scalpello associato alla tecnica del calcinamento, cioè dell'accensione di fuochi che, scaldando la pietra calcarea, facilitavano l'escavazione soprattutto dei tratti in galleria; larga parte risulta scavata in trincea con copertura in lastroni di pietra calcarea. Il problema di mantenere il tracciato e le pendenze dalla presa sino alla vasca di distribuzione fu risolto con un sistema di pozzetti quadrangolari che furono scavati sino ad una profondità di m 30; posti a distanza regolare di circa 50 metri l'uno dall'altro permisero, in un primo momento, l'escavazione in profondità e l'asportazione del materiale di risulta e, in un secondo momento, l'accesso al canale per ispezionarlo ogni volta che ce ne fosse bisogno. L'Anapo con i suoi affluenti Bottigliera e Ciccio, alimenta il canale con circa 500 litri al secondo nei periodi di massima portata. L'opera di presa sul fiume Anapo si trova nella contrada Fusco di Sortino. Venne inoltre creato un sistema di areazione per mezzo di finestrelle visibili esternamente lungo la parete rocciosa, per esempio, nel sito di Pantalica. Chi esplorasse il Galermi troverebbe spesso gallerie abbandonate, testimonianze di errori di direzione. I pozzi sono ancora visibili: per esempio in città, in via dell'Acquedotto, nei pressi di via Rosario Carta e nel Villaggio Miano, lungo il viale Epipoli. I colli dei pozzi furono cementati e coperti da lastroni in epoca moderna. Essi visualizzano il percorso in superficie di questo straordinario sistema idraulico, che rappresenta una ulteriore prova della varia ingegnosità dei GRECI
alla Pizzuta
L'acquedotto Galermi
Le acque dell' Anapo, assieme a quelle di piccoli affluenti quali il Bottiglieria, il Ciccio ed il Costa Giardini, furono utilizzate e sono tuttora utilizzate per risolvere i problemi dell'approvvigionamento idrico per uso potabile ed irriguo di Siracusa; infatti sin dalla colonizzazione greca il canale di Galermi, un lungo acquedotto costruito in massima parte in gallerie scavate nella roccia, adduceva le acque sino alla vasca di distribuzione sita a Siracusa in contrada Teracati.
La sua costruzione si fa risalire a Gelone il quale, secondo la tradizione, utilizzò in buona parte come manodopera i Cartaginesi vinti nella battaglia di Imera nel 480 a.C. e fatti schiavi.
Le difficoltà incontrate dai progettisti nello studio e nella costruzione del canale Galermi furono notevoli.
Infatti occorre tenere presente che la zona attraversata dal canale è impervia, difficilmente praticabile ed interrotta da profondi burroni e dalle montagne.
Il luogo di presa delle acque fu originariamente stabilito nel rio Bottiglieria, vicino alla sua confluenza con l'Anapo, mentre attualmente è situato sull'Anapo in contrada Fusco di Sortino
Il primo problema da risolvere fu quello di mantenere, compatibilmente con gli ostacoli naturali del terreno, il tracciato e la pendenza necessaria per giungere sino alla vasca di distribuzione.
Questo problema venne risolto con il sistema dei pozzi, cioè venne fissata esternamente la loro ubicazione e successivamente venne eseguito lo scavo sino alla profondità voluta stabilendo in tal modo tanti punti fissi che determinarono la pendenza del canale sotterraneo e quindi dal fondo dei pozzi si scavarono i bracci delle gallerie tra di loro compresi.
Tale tecnica di costruzione è peraltro confermata da deviamenti e gallerie, poi abbandonate, dovute ad errori di direzione in cui incorsero gli scavatori.
I pozzi sono tuttora esistenti ed è possibile accedervi mediante delle caratteristiche scalette scavate nella viva parete.
Il canale, che nella maggior parte del suo corso segue quello dell'Anapo mantenendosi per la sua pendenza ad una rilevante altezza rispetto al letto del fiume, ogni volta che incontra un vallone d'erosione lascia la sponda del fiume e segue l'andamento del vallone.
Tali deviazioni, quindi, che secondo l'ampiezza del vallone arrivano anche a lunghezze di alcune centinaia di metri, sono numerose e allungano in tortuosi giri il corso del canale.
Per lo scavo dell'alveo in roccia oltre che allo scalpello sembra che si sia usato il cosiddetto sistema del calcinamento e cioè l'accensione di grandi fuochi che, specialmente nei tratti in galleria, riscaldavano la roccia rendendone molto più semplice il taglio.
Nel secolo scorso il canale veniva chiamato saja (che in dialetto siciliano indica un canale in terra o in muratura che conduca acqua per irrigazione) della Bella Femmina.
Il nome Galermi, infatti, è stato dato recentemente, creando peraltro confusione con l'acquedotto del Ninfeo lungo circa 1000 mt, detto anche Galermi, che, partendo dal pozzo De Franchis, sito alla traversa Pizzuta, nel territorio di Siracusa, sbocca al di sopra del Teatro Greco.
Il canale Galermi, opera mirabile dell'ingegneria idraulica greca, è attualmente di proprietà demaniale ed è tuttora utilizzato per scopi irrigui.
E' possibile percorrere le gallerie, scavate nella roccia viva, che costituiscono uno degli aspetti più interessanti della valle dell'Anapo.
Dal teatro greco l'incanalizzazione verso la città
pianta
sistema generale acquedotto